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Archivio newsletter - Associazione Italiana per la Comunicazione Pubblica e Istituzionale

Occorre passare dalle parole ai fatti

"(...) tutto ciò in cui siamo impegnati si riduce a un unico vero, grande obiettivo: migliorare la vita quotidiana dei cittadini e delle imprese…”. Le parole del viceministro allo sviluppo economico Antonio Catricalà pronunciate il 3 luglio scorso all'assemblea annuale dell'Upa (Utenti pubblicità associati) riaprono la questione della centralità della comunicazione istituzionale nella vita della Pubblica Amministrazione. Perché ancora oggi, troppo spesso, ci sono segretari generali o ragionieri capo che si ostinano a proporre, ai propri organi di vertice, tagli drastici ai capitoli relativi alla comunicazione. Insistendo nel considerare sullo stesso piano, da una parte la pubblicità (non quella legale e obbligatoria) e le pubbliche relazioni e dall'altra le forme di dialogo e di condivisione. Scegliendo così un'interpretazione semplicistica dei pronunciamenti della Corte dei Conti. Nonostante il legislatore insista sulla trasparenza, sui diritti di cittadinanza, sulla necessità di costruire nuove forme di dialogo con il territorio e la comunità di riferimento.

“(...) Tutti sappiamo bene che il portare a conoscenza e promuovere i propri servizi e i propri prodotti è fondamentale in un mercato sempre più globale e competitivo” ha evidenziato Catricalà. Ed è proprio l'obbligo di trasferire conoscenza, la necessità di far conoscere ai cittadini come funzionano i propri servizi e quali sono le azioni che porta avanti la propria amministrazione che devono indurre i dirigenti e i funzionari, anche del sistema delle autonomie locali, a un nuovo approccio al tema della comunicazione. Nello stesso tempo, i politici che assumono incarichi istituzionali devono sempre più comprendere che il consenso si costruisce non facendo favori a destra e a manca, ma assicurando il massimo della trasparenza possibile alla propria azione quotidiana, dando così il buon esempio.

Però occorre maggiore chiarezza anche sul piano normativo, altrimenti si rischia di ridurre a carta straccia una norma fondamentale per la comunicazione pubblica come la 150/2000. Se si vuole fare qualche passo in avanti e passare dalle parole ai fatti, sarebbe forse necessario un nuovo paradigma, uno sforzo comune che faccia comprendere a chi fa parte del sistema pubblico, a qualunque livello, che la comunicazione istituzionale e pubblica non è un vezzo, non si può improvvisare o affidare a presunti professionisti dell'ultima ora o a personale che si è sempre occupato d'altro, senza una formazione specifica.

Non regge nemmeno l'idea che la tecnologia possa colmare le lacune di un ritardo gigantesco del sistema P.A.. È lo stesso viceministro che ammette delle carenze evidenti, evidenziando la necessità di “superare alcuni ostacoli quali la carenza infrastrutturale. Attraverso piani di supporto che prevedano interventi pubblici, l’annoso problema dell’alfabetizzazione digitale, attraverso un piano di educazione digitale nelle scuole, nelle università, e formazione continua per Pubbliche Amministrazioni”.

Per poter raggiungere gli obiettivi indicati da Catricalà occorre riportare il cittadino al centro delle politiche pubbliche. Solo così, dialogo, trasparenza, condivisione non sono parole vuote, buone solo per qualche retorico discorso politico.

Perché è sicuramente necessario superare il social divide, ma forse occorre fare un passo indietro, cercando di ricostruire consapevolmente le basi del diritto di cittadinanza, che contiene in sé un dovere di condivisione per chiunque operi in una pa. E non ci riferiamo solo ai comunicatori pubblici, che sono già sensibili al tema!