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Stati Uniti: videogiochi violenti anche per i minorenni


Una sentenza che farà discutere - purtroppo poco nel nostro Belpaese -  quella pronunciata di recente dalla Corte Suprema degli Stati Uniti che da il via libera alla vendita di videogiochi violenti anche ai minorenni.

I giudici americani hanno sostenuto che “i videogame sono arte e in quanto tale meritano la stessa identica protezione sancita dal primo emendamento per libri, fumetti, commedie e film”.

In Italia, dove pochi giorni fa è passato in Senato il varo dell’Ufficio del Garante Nazionale dei Minori, con un provvedimento bipartisan, in pochi, soprattutto genitori, si occupano di come  giocano i loro figli.

Le ricerche condotte dagli psicologi italiani, come ha confermato anche la docente Chiara Volpato (Università Bicocca di Milano) al Corriere della Sera  “rileva un aumento dell’aggressività per chi usa i videogiochi violenti. Ma anche comportamenti sessisti; se si chiede a chi ha giocato di dare un giudizio su una molestia sessuale questi tende a minimizzare”.

Ma il dato più allarmante è quello legato al fatto che “spesso i genitori ignorano con che cosa giocano i loro figli”. E questo emerge anche da ricerche che abbiamo coordinato. Anzi ci permettiamo di aggiungere un piccolo particolare: a volte i genitori mentono, facendo finta di conoscere i loro pargoli. E lo fanno sui libri che leggono, i videogiochi che usano, l’utilizzo dei social network e persino i programmi televisivi che vedono.

La storica sentenza americana ci riporta al vecchio dibattito sui videogiochi, che utilizza l’esempio delle fiabe e dei cartoni animati: c’erano anche lì i cattivi come le sorellastre di Cenerentola, il lupo di Cappuccetto Rosso, Hansel e Gretel che  mettono in forno una vecchietta, la mamma di Bambi che muore e Ulisse che acceca Polifemo.

Il giudice liberal Stephen Breyer che ha votato contro il provvedimento ha dichiarato: “Da oggi in poi i bambini potranno comprare un videogioco in cui legare, torturare e uccidere una donna”. Beh in Italia potremmo dire: quale è la notizia? Chi controlla che i ragazzi sotto i 18 anni non usino videogiochi violenti vietati ai minori? Chi verifica che tra i tanti videogiochi taroccati non ci siano anche quelli proibiti dalla legge nel nostro paese (almeno per ora)?
Non dimentichiamo, come amiamo ripetere, che la nostra Italia è quella dove ci siamo inventati il cartello “E’ severamente vietato” perché quello con solo “è vietato” non lo rispettava nessuno.

Ma questo significa che non bisogna usare i videogiochi? No certamente.
E allora ci va di lanciare un appello ai genitori. Nel 2009 in una conversazione pubblicata sul libro Giochi e Videogiochi (Bonanno Editore), Thalita Maligò, segretario generale Aesvi-Associazione editori di software videoludico italiana, sottolineò quanto fosse necessario per i genitori “seguire sempre al momento dell’acquisto le raccomandazioni PEGI presenti su tutte le confezioni di gioco per cercare di  fare in modo che i propri figli possano divertirsi con i titoli più adatti alla loro età”. Ma consigliava anche, attraverso il dispositivo Parental Control, controllare il numero delle ore passate dai ragazzi a videogiocare.  Quello che abbiamo verificato è che molti genitori non conoscono l’esistenza del PEGI e del Parental Control. Anzi, non sanno nemmeno come si chiamano i videogiochi utilizzati dai figli. Spesso ci è capitato in incontri con genitori di far vedere qualche videogioco violento, vietano ai minori, ma usato anche da ragazzi sotto i 18 anni. I genitori sono rimasti sconcertati…ma dopo non è accaduto nulla, purtroppo.
Morale: anche con una legge che vieta ai minorenni i giochi violenti questo non significa che essa venga rispettata.
Se poi passasse la linea americana. Poveri noi! Ci auguriamo che il nuovo Garante dei Minori si occupi anche di questi argomenti che nessuno di noi deve sottovalutare. Del resto negli Stati Uniti, anche uno dei sociologi più apprezzati, Henry Jenkins, ha sostenuto che  “computer e videogames sono da considerarsi come forme attuali di espressione, un luogo di esplorazione e sperimentazione estetica, un mezzo per convogliare un modo particolare di interpretare il mondo, un sistema per dare vita ad un’esperienza sensuale che provoca risposte emotive e sollecita l’immaginazione”.

Tutto vero, anche perché negli Stati Uniti da tempo sono trasmessi programmi per l’utilizzo di videogiochi da parte di insegnanti e studenti. Certo non con i videogiochi violenti. Ma visto che lo strumento esiste si può pensare anche di usarlo al meglio.

Non per scaricare la propria aggressività o per accrescerla. Non per alimentare le insicurezze ma per combatterle. Provate a chiedere a vostro figlio, digitale nativo, cosa ne pensa della guerra…non se è giusta o sbagliata, necessaria o inutile, vi risponderà che “vince il più forte”.
Questa è la legge dei videogiochi violenti.



Di Francesco Pira.



*L’autore dell’articolo ha pubblicato nel 2009 con il pediatra Vincenzo Marrali il libro “Giochi e Videogiochi- dal nascondino alla console” (Bonanno Editore- Collana Officina dei Media) presentato al Salone del libro di Torino
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