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Associazione Comunicazione Pubblica
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Comunicazione Pubblica

Archivio newsletter - Associazione Italiana per la Comunicazione Pubblica e Istituzionale

Lunedì 25 maggio si è svolta a Roma l'annuale assemblea della nostra Associazione. Le relazioni del Presidente Mombelli e del Segretario generale Rovinetti hanno definito il piano di lavoro per l'anno in corso, successivamente approvato da tutti i presenti.

E' stata riconfermata una comune preoccupazione per l'attuale fase che assegna alla comunicazione pubblica un ruolo defilato e certamente non in sintonia con le elaborazioni teoriche e le sperimentazioni pratiche di questi anni.

Esiste, secondo la nostra Associazione, il grave pericolo di veder messe in discussione le conquiste di funzioni e competenze così faticosamente raggiunte dai comunicatori pubblici.
Preoccupante sarebbe un ritorno al passato quando della comunicazione se ne occupavano tutti e quindi nessuno.

Per evitare tutto questo non sono necessari nuovi convegni né nuovi documenti ma una forte capacità, non solo nostra, di arrivare alla definizione di quel ruolo professionale affermato nel 2000 e lasciato, come tante altre affermazioni, nel purgatorio dei luoghi comuni.

Le alternative non sono molte se non quella, che in qualche programma pseudoscientifico vediamo, di continuare a parlare sempre gli stessi e sempre agli stessi mentre, intorno a noi, arrivano da ogni parte segnali inquietanti.

Segnali di stanchezza, di insofferenza, di autoreferenzialità che solo i Grandi Frenatori continuano ad ignorare secondo l'antico motto "tanto peggio, tanto meglio".

Anche per questo l'assemblea ha confermato una forte e condivisa volontà di procedere speditamente nella realizzazione della comunità professionale dei comunicatori pubblici.

Ci sono voluti vent'anni per arrivare a fare della comunicazione pubblica una disciplina e una legge e per ottenere una competenza e una credibilità non più limitate ai soliti quattro amici ma diffuse nelle Istituzioni, nel territorio e tra gli addetti ai lavori.

Non è pensabile che debbano trascorre altri vent'anni per veder garantita la dimensione professionale che ci compete.

Non ce lo permetteranno i nostri colleghi, non ce lo perdoneranno gli studenti delle Facoltà di Scienze della comunicazione.
Per quanto ci riguarda, noi faremo sempre il nostro dovere.

Gli altri decidano con chi e da che parte stare.
Ma tutti debbono sapere che in gioco non ci sono miserabili interessi di bottega ma il futuro di quel processo di cambiamento che deve anticipare la nascita di nuove relazioni tra organizzazioni pubbliche e cittadini.