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Archivio newsletter - Associazione Italiana per la Comunicazione Pubblica e Istituzionale

La scelta delle fonti di informazione - 3

Prosegue con questa terza parte la pubblicazione di alcune definizioni e considerazioni richiamate nel report della ricerca "Infosfera italiana 2016" realizzata dal Centro Studi Democrazie Digitali e promossa dall'Università Suor Orsola Benincasa che ha avuto il supporto di "Compubblica" proprio in considerazione degli obiettivi. (Per gli altri articoli vedi n. 184 e 185 della newsletter).
Con questa terza parte presentiamo altre quattro delle riflessioni della ricerca.

Gli ambienti mediatici e lo smart power
Ogni ambiente mediatico attraverso la particolarità della propria architettura di funzionamento scenarizza un ambiente narratologico e applica dei propri algoritmi che generano un soft power, ovvero quella capacità di persuadere e influenzare i propri utenti, facendo credere di potere scegliere e non costringendoli.
La sottrazione del tempo
Ad esempio l'esposizione ai flussi informativi e all'ambiente narratologico di Facebook, alle storie nelle quali ci sentiamo coinvolti e allo stato di eccitazione affettiva che questi ci provocano, non solo dimostra il dominio e l'esigenza di dipendenza dal racconto, ma palesa, anche, un dispositivo di sottrazione del tempo, che evita la strutturazione del pensiero razionale, rendendolo fragile.
La sottrazione del tempo significa astrazione del contenuto dei gesti, e quindi eliminazione della scelta. Non facciamo più le cose per scelta, ma perchè le abbiamo fatte ieri e quindi le rifaremo domani.
Condannati alla routine
La quantità dei nostri gesti automatici è oggi infinamente superiore a quella dell'uomo di 100 anni fa. Oggi, i nostri gesti automatici sono il 90% della giornata.
La riduzione a routine di comportamento condizionate dalla continua fruizione mediologica di ambienti social, l'occupazione ossessiva del tempo di vita e della nostra attenzione da parte delle timeline di nostro interesse sono diventati un limite gnoseologico, una gabbia epistemologica di framing imposti, un dominio dei sensi e delle emozioni, una prigione cognitiva.
In queste gabbie, il sistema di reputazione, simulacro di qualsiasi matrice cognitiva si voglia organizzare, genera un'influenza egemone e diffusa sul reale, più difficile da definire perché agisce sull'interpretazione del mondo attraverso specchi interposti e meccanismi di influenza biopolitica ed esperenziale.
Un quadro in cui i media fanno meno informazione e sempre più opinione, irrompendo a pie' pari nell'area competitiva  della politica, talvolta non disdegnando di occupare l'attenzione con una mesalla di vizi privati e pubbliche manchevolezze di questo e quello, o con attacchi diretti tanto virulenti quanto giornalisticamente immotivati, spesso a firma di qualche giornalista o blogger influente.
Se per i media separare i fatti dalle opinioni è sempre più difficile, ancora più complesso lo è per i semplici utenti.
Economia dell'attenzione
L'economia dell'attenzione ha delle regole rigide, aritmetiche e ordinali, se una notizia arriva prima, il posto sul podio è occupato, tutte le altre scendono di uno scalino. In un contesto nel quale l'informazione è sovrabbondante, si assiste a una crescente scarsità di attenzione. E la scarsità di attenzione ne aumenta il valore per chi riesce a produrla e rivenderla.
In un periodo di inflazione di informazioni, l'attenzione non è più soltanto scarsa ma diventa rarissima e costosissima.
Economia delle emozioni
L'attenzione che si dedica agli amici e alle persone intime è incommensurabile più elevata di quella che si dedica ad altre e più impersonali fonti di messaggi.
Ma l'attenzione non è più un bene che si conquista, e si rivende, ma il complesso risultato di una strategia culturale.
In ambienti in cui ciò che conta è l'architettura del medium, più dei contenuti che veicola: chiunque, anche soggetti privi di ogni competenza culturale tecnologica, viene messo in condizione di pubblicare, di esprimere la sua opinione, soprattutto, emotiva.
I media modificano la nostra natura senza che noi ne siamo minimamente coscienti, per cui ci troviamo intrappolati in "forme di vita" totalmente subordinate alle nostre tecnologie di comunicazione.

                                                                                                                                  (3 - continua)