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"Si vince tutti insieme. Si perde da soli". L'importante è individuare il soggetto più sacrificabile. Nel caso generale della politica diventa molto difficile, anche per la comunicazione, riuscire a restare al passo, visto che prosegue senza sosta la frenetica (e un po' isterica) rincorsa al "celodurismo" degli anni Novanta. 

Sono i sondaggi che, almeno parzialmente, aiutano i comunicatori politici a raccogliere dettagli per pianificare meglio le proprie strategie. Anche se gli istituti di ricerca più autorevoli mettono le mani in avanti. Evidenziano la necessità della prudenza, dettata da una società dell'informazione influenzata dai mezzi tradizionali e da quelli più tecnologici, che hanno ampliato le community e forse anche la loro labilità decisionale.
Ormai è inevitabile, per fare un'analisi accurata e raccogliere elementi utili per una valutazione scientifica anche sul piano della comunicazione, monitorare costantemente non solo i risultati di alcune ricerche statistiche, ma osservare con attenzione tutti gli elementi ambientali che possono influenzare le decisioni e quindi le valutazioni.

Lo stesso Nicola Piepoli, in un recente articolo pubblicato su La Stampa, ha evidenziato la "volatilità dell'opinione pubblica", capace di cambiare "addirittura di minuto in minuto". Così, mentre si stava formando il Governo Letta, l'Istituto Piepoli ha registrato una ampio consenso da parte dell'elettorato italiano, perché su quasi 50 milioni di adulti italiani, circa 28 milioni (con una quota intorno al 56%) hanno espresso un gradimento. Perché si è finalmente costituito, dopo mesi di tira e molla? Perché ci sono componenti relativamente giovani e molte donne? Le motivazioni possono essere molteplici, ma non c'è dubbio che l'aspettativa che si arrivasse a una soluzione era alta e diffusa. Però, evidenzia l'autorevole sondaggista torinese, la "strada del nuovo Governo è in salita". Mettendo a confronto gli esecutivi dal 2008 al 2013, emerge che nelle prime settimane di attività il livello di fiducia era, in ordine di tempo, del 50% per Prodi, del 55% per Berlusconi, di ben il 68% per Monti e del 45% per Letta. Chissà se il ritiro senese cambierà qualcosa. Almeno in termini di conoscenza e si riuscirà a scoprire un nuovo paradigma per la comunicazione politica italiana.

Claudio Trementozzi

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