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Comunicazione Pubblica

Archivio newsletter - Associazione Italiana per la Comunicazione Pubblica e Istituzionale

Le analisi sull'utilizzo dei social in campagna elettorale sono diventate quasi un obbligo soprattutto un paio di anni fa, riferite in particolare a Twitter. Diversi i punti di vista, ma unanime la conclusione su alcuni dati relativi ai diversi strumenti utilizzati dai candidati, anche senza tenere troppo conto delle limitazioni imposte dalle normative.

L'argomento è sicuramente molto complesso e merita una serie di approfondimenti, anche dal punto di vista statistico e di misurazione dei risultati, che ci proponiamo di fare nelle prossime newsletter della nostra Associazione. Però occorre partire da una riflessione che riteniamo metodologica, anche alla luce delle numerose sentenze arrivate fino in Cassazione, che puniscono coloro che utilizzano impropriamente lo strumento social per denigrare l’avversario o anche per mettere in cattiva luce il candidato che, per vari motivi, viene considerato un proprio nemico.

Il primo aspetto riguarda i candidati. C'è, infatti, la convinzione che i social non debbano rispondere ai limiti delle leggi elettorali e che un candidato possa esprimersi liberamente anche nel periodo dell'avvio della campagna utilizzando strumenti strettamente riconducibili alla propria istituzione. Quindi, ricoprendo la carica di consigliere, assessore, sindaco o rappresentante di un'istituzione centrale ritiene di poter utilizzare liberamente i mezzi di comunicazione a disposizione dell’ente, anche per attività elettorali.

Oppure di utilizzare il proprio profilo, o la propria pagina, di Facebook o Twitter per diffondere dei messaggi, con immagini che sono facilmente riconducibili alla carica ricoperta. Ad esempio, l'immagine del sindaco con la fascia Tricolore nell'album fotografico del profilo o della pagina o del blog. Con ciò non vogliamo certamente dire che il candidato debba rinnegare il proprio ruolo istituzionale, ma la legge impone che la competizione avvenga ad "armi pari", senza alcun vantaggio.

Il secondo aspetto riguarda i cittadini. Infatti, non c'è dubbio che rispetto alla comunicazione istituzionale, chi rappresenta un ente abbia il dovere, entro i sessanta giorni precedenti la data delle elezioni, di rendere conto di cosa ha fatto, come ha investito le risorse per migliorare il proprio territorio e per rispondere alle domande sociali dei cittadini. E, per intenderci, ci riferiamo al bilancio sociale di mandato, che troppo spesso viene visto dagli enti locali come un puro adempimento oppure come un'occasione di semplice propaganda, perdendo così di vista l'enorme valore di relazione.

Un argomento che merita di essere approfondito e sul quale ci ritorniamo.

Claudio Trementozzi