Il legislatore con le disposizioni di legge che disciplinano l'accesso alla dirigenza, i criteri di selezione dei dirigenti, i meccanismi degli incarichi dirigenziali, ma più in generale i criteri e i meccanismi di reclutamento, di selezione, di progressione e riqualificazione professionale dei dipendenti pubblici, laddove non ha inteso richiedere in modo espresso un titolo di studi ulteriore e specializzante, ma ha fatto riferimento alla laurea o al diploma di laurea ha inteso richiedere il possesso dell'unica "laurea" oggi riconosciuta in quanto tale: quella cosiddetta triennale, ossia quella conseguita all'esito di un corso di studi universitari di durata triennale.
Pertanto la Cassazione ha ritenuto infondata una denuncia formulata per un bando di accesso alla dirigenza nel sistema del SSN - valutazione titoli accademici, riconoscimento laurea triennale - che valorizza il termine "diploma di laurea" per escludere dalla procedura di selezione dedotta in giudizio la partecipazione di alcuni candidati in possesso della laurea "triennale" e non del diploma di laurea quadriennale, conseguito secondo il "vecchio" ordinamento universitario. La Corte Suprema ha ritenuto che la "ratio" ispiratrice della riforma, attuata con la L. n. 127 del 1997 e successivamente con i D.M. n. 509/1999 e n. 270/2004, è da leggersi in conformità all'art.1 della Direttiva la direttiva 89/48/CEE del Consiglio del 21 dicembre 1988.
Fonte: AranSegnalazioni 17/2020