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Garante privacy: piattaforme sicure per lo smart working

Nella relazione annuale del Garante per la privacy, presentata al Parlamento alla fine di giugno, un importante momento è stato dedicato alla accelerazione che la pandemia ha segnato nell'uso delle tecnologie e sulla consapevolezza necessaria per la protezione dei dati perché, dice il Garante "è bene che da questa consapevolezza nasca un approccio diverso del rapporto tra uomo e tecnica, che sappia fare tesoro di tutto ciò che abbiamo vissuto, nel bene e nel male, in questi mesi".

E dichiarandosi d'accordo sullo smart working, lavoro agile o lavoro da remoto, modalità operativa utilizzata da numerose aziende e organizzazioni per le proprie attività, spiega che "Potendo favorire una nuova articolazione dei processi produttivi in grado di accrescere efficienza e flessibilità lo smart working potrebbe ragionevolmente divenire una forma diffusa, effettivamente alternativa, di organizzazione del lavoro. Per questa ragione andranno seriamente affrontati e risolti tutti i problemi emersi in questi mesi" come le dotazioni di strumenti, la garanzia di connettività, la sicurezza delle piattaforme, il diritto alla disconnessione, "senza cui si rischia di vanificare la necessaria distinzione tra spazi di vita privata e attività lavorativa, annullando così alcune tra le più antiche conquiste raggiunte per il lavoro tradizionale".

"Va, in particolare, inteso in modo rigoroso il vincolo finalistico all'attività lavorativa – sottolinea - che rispetto ai controlli mediante strumenti utilizzati per rendere la prestazione, legittima l'esenzione dalla procedura concertativa o autorizzativa. Per garantire, dunque, che le nuove tecnologie rappresentino un fattore di progresso e non di regressione sociale, valorizzando anziché comprimendo le libertà affermate sul terreno lavoristico, è indispensabile garantirne la sostenibilità sotto il profilo democratico e la conformità ad alcuni irrinunciabili principi".

www.garanteprivacy.it