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Associazione Comunicazione Pubblica
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Da quando ho lanciato, proprio da questo settimanale, la proposta di dare vita alla comunità professionale dei comunicatori pubblici, ricevo lettere e telefonate di adesione e chiarimenti.

Desidero ringraziare tutti perché anche questo è un modo per favorire la nascita di un grande progetto che, per resistere ai venti del conformismo e degli interessi particolari, deve trovare un largo consenso.
Un progetto che non ha bisogno né di santoni né di profeti perché non si tratta di raggiungere nessuna "terra promessa" ma di realizzare quel disegno teorico attorno al quale, in tutti questi anni, si è detto molto e fatto poco.
Anche per questo occorre utilizzare verità e chiarezza nei confronti di tutti: di chi ci rispetta e di chi finge di farlo.

Così come la nostra Associazione ha sempre dichiarato di non essere né un sindacato né una lobby, la comunità di cui parliamo non sarà né un Ordine "mascherato" né una corporazione in cerca di strappare qualche cosa alla Pubblica Amministrazione.
Pubblica amministrazione chiamata, dalla crisi che stiamo vivendo, a dare prova di una rinnovata capacità di governare, semplificando procedure e razionalizzando investimenti e risorse umane.

La comunità professionale dei comunicatori pubblici sarà quello che dicono le leggi e non altro.
Lasciamo a qualche incallito esibizionista l'antica pratica della dietrologia, esercitata ogni volta che si tende a rimuovere favori e privilegi acquisiti nella stagione delle appartenenze.

I nostri punti di riferimento sono le leggi di riforma, le Istituzioni, la Legge 150, le Università, coloro che operano nelle Istituzioni e i neo laureati delle facoltà di Scienze della Comunicazione.

La comunità prenderà forma dall'intreccio virtuoso fra teoria e pratica, garantendo le professioni al servizio di una Pubblica Amministrazione che tutti vogliono diversa.
Anche per questo fanno sorridere coloro che alla loro professionalità hanno aggiunto la parola "pubblico". Non sarà questa logora trovata che li legittimerà in una professione che, nell'interesse delle nostre amministrazioni e dei cittadini, va declinata in ben altro modo.

Vogliamo una professione certa e riconosciuta non per vergognarcene ma per affermare un principio che vorremmo fosse garantito a tutti i dipendenti pubblici: chi svolge un lavoro deve essere riconosciuto in quanto tale. Questo è il punto di partenza per ogni reale coinvolgimento del personale: altro che quiz aziendali e ricerche di settore.

Nessuno di noi  si prepara ad indossare una nuova maglietta più "trendy", ma tutti vogliamo che le esperienze, le leggi e gli insegnamenti si facciano pratica quotidiana e non continuino ad essere  generici richiami e falsi alibi di chi parla di cambiamento e intanto agisce perché tutto resti come sempre.