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Archivio newsletter - Associazione Italiana per la Comunicazione Pubblica e Istituzionale

Anche in questo numero di "Comunicatori&Comunicazione" proseguiamo con la pubblicazione di un'altra riflessione che si legge nel 50° Rapporto Censis sulla situazione sociale del Paese 2016 messa in luce nel suo corposo e l'importante annuario recentemente presentato.
In questo articoletto ci avveliamo del capitolo "Territorio e reti" per portare all'attenzione dei nostri lettori in riepilogo che documenta l'importanza del territorio: una occasione di gestione (amministrazione) da non perdere dal punto di vista economico, sociale e politico per produrre lavoro, benessere, forza industriale.

Le aree urbane italiane nel contesto del policentrismo urbano europeo
Sono molti i Paesi europei in cui la capitale condensa in misura straordinaria popolazione e soprattutto ricchezza. Stoccolma, Bruxelles, Vienna, Lisbona, Praga pesano per oltre il 30% della rispettiva ricchezza nazionale.
Milano e Roma, pur con il loro primato nazionale, pesano ciascuna per poco meno del 10% del Pil italiano. Il tasto di natalità delle nostre aree metropolitane è molto basso (8-9 nati ogni 1.000 abitanti), valori ben lontani da quelli dell'area parigina (15,2 nati ogni 1.000 abitanti) o londinese (13,9), ad esempio, insieme a molte altre aree urbane del Centro-Nord Europa. Tra le aree metropolitane con più di 2 milioni di abitanti, il più alto indice di vecchiaia (183,9) si registra a Torino, dove gli anziani rappresentano oltre il 24% della popolazione e i bambini tra 0 e 15 anni appena il 13%. Indice che contrasta con quello dell'Ile de France (70,7), dove gli anziani sono il 14% e i bambini di 0-15 anni il 20%.
Il tasso di occupazione vede in alto (con valori superiori al 70%) non solo le ricche città del Centro-Nord Europa, ma anche alcune capitali dell'Est (Praga e Varsavia), mentre restano in grande difficoltà le città del Mediterraneo: Marsiglia, Atene e soprattutto Napoli.

I giovani in Italia

In Italia la generazione dei millennials ha un peso demografico scarso: i giovani di 20-34 anni rappresentano solo il 16,4% della popolazione totale, la percentuale più bassa tra i Paesi dell'Unione europea. E sono in diminuzione: oggi non arrivano a 11 milioni (erano quasi 15 milioni nel 1991), mentre la popolazione anziana (13,4 milioni) è in costante crescita. Anche le nostri grandi aree urbane, se paragonate a quelle del resto del continente, risultano le meno giovani: la quota di popolazione tra 20 e 34 anni si attesta al 15-16% a Roma, Milano e Torino.
I giovani di 18-24 anni ancora in famiglia in Italia sono il 92,6%, nella fascia di età 25-34 anni la quota scende al 48,4%: dati molto elevati rispetto alla media dell'Ue (rispettivamente 78,9% e 28,9%).

Il presidio montano della qualità territoriale
La ricerca realizzata dal Censis in collaborazione con Trentino School of Management evidenzia che nelle aree montane il consumo medio di suolo è del 2,7% della superficie totale, mentre nel resto del Paese sale al 9,7%. Quasi un terzo dei Comuni totalmente montani è oggi collocato all'interno del perimetro di un parco naturale (la percentuale cresce fino al 36,8% includendo anche i Comuni parzialmente montani e in molti regioni si supera il 50%). Nelle aree non montane questa percentuale scende al 18,7%. Del club dei "Borghi più belli d'Italia" fa parte il 3,6% dei Comuni montani (con punte del 36,4% nel caso dell'Umbria e del 19% per le Marche), mentre nei Comuni di pianura questa percentuale scende all'1,6%. Le "Bandiere Arancioni" (marchio istituito dal Touring Club Italiano dal 1998 per le piccole località che si distinguono per un'offerta di tipicità e di eccellenza ambientale, e per la cultura dell'ospitalità) comprendono il 2,1% dei Comuni interamente montani a fronte dell'1,2%dei non montani.

Dagli scenari internazionali, opportunità per il turismo italiano
L'indebolimento di alcune importanti destinazioni turistiche a causa dell'instabilità politica e del terrorismo sta determinando una complessiva riarticolazione dei flussi. Preoccupati per la loro incolumità, i turisti internazionali abbandonando le località più a rischio del Mediterraneo e scelgono l'Europa del sud. A beneficiare di tale situazione sono stati la Grecia (+57,3%), la Croazia (+39,2%), la Spagna (+29,5%) e l'Italia: +21,7% gli arrivi (oltre 53 milioni) e +15,2% le presenze (oltre 190 milioni di pernottamenti). Di contro, gli arrivi degli italiani sono cresciuti di appena l'1,9% mentre le presenze interne hanno registrato una flessione del 7,5%. La componente straniera equivale quasi a quella interna, sia nel numero degli arrivi che in quello delle presenze. Quanto alla provenienza dei turisti stranieri, in testa sempre i tedeschi (il 19,7% degli arrivi e il 27,7% delle presenze). Al quarto posto, in termini di arrivi, dopo Stati Uniti (8,2%) e Francia (7,9%), ci sono i turisti cinesi (6,1%), che nel 2015 hanno superato i turisti britannici.

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