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Archivio newsletter - Associazione Italiana per la Comunicazione Pubblica e Istituzionale

Riforma P.A.: la questione dirigenti

La stragrande maggioranza delle riforme portate avanti nel corso degli ultimi cinquant'anni hanno sempre rivelato due facce di una stessa medaglia. Sono state viste come interventi pro qualcuno e contro qualcun altro. E oggi a farne le spese sono i dipendenti pubblici, in particolare i dirigenti.

Non perché riteniamo sua una categoria da salvaguardare a tutti i costi. Non condividiamo però la scelta di gettarla del calderone del populismo, spostando l'attenzione dei cittadini dalla casta della politica a quella dei dirigenti. Perché, come nel tanto bistrattato sistema dei Partiti, non si può fare di tutta l'erba un fascio, così nell'organizzazione della P.A. occorre fare dei distiguo.

Ci sono politici capaci, dal livello del governo periferico (Regione, Provincia, Comune) a quello centrale (Governo, Parlamento), che dedicano molte ore della giornata a studiare norme capaci di rispondere alle domande sociali dei cittadini. E ci sono bravi dirigenti pubblici, che svolgono il loro mandato ben oltre le proprie specifiche competenze.

Però, nello stesso tempo, non ci convincono gli arroccamenti, le prese di posizione contro un privilegio acquisito. Perché in una situazione difficile come quella che sta attraversando il Paese è forse giusto individuare dei limiti e valorizzare il lavoro svolto da chiunque occupi un gradino della scala gerarchica. Ritrovando anche maggiore equità tra il livello centrale e quello periferico.

Altrimenti si rischia, da una parte di non riconoscere il giusto merito a chi si impegna e dall'altra a cedere ai populismi disfattisti.

Per riuscire a fare un passo avanti concordiamo sulla necessità di rivedere a fondo il sistema della formazione, che deve essere sempre più qualificata, così come valorizzare il dialogo e il confronto costante, che sono alla base di un'efficace comunicazione pubblica.

Claudio Trementozzi