La notizia è una di quelle che fa tornare tutti sulla terra anche quelli che testardamente continuano a volare nell’iperspazio di un tempo che non tornerà più.
Titolano i giornali di questi giorni: “Il governo propone tagli ai Ministeri per 6 miliardi”.
Poiché l’esperienza di qualcuno di noi già immagina da dove si comincerà a “risparmiare”, sarà meglio aspettare di conoscere l’impostazione dei bilanci ministeriali prima di fasciarci la testa.
La questione non è ricominciare a discutere del valore e del significato della comunicazione pubblica. Questi concetti sono già stati assimilati.
Lo testimoniano anche le ultime scelte di molte Amministrazioni (lotta all’evasione fiscale, difesa dei servizi pubblici, denuncia dei non paganti sui mezzi di trasporto) tutte tradotte dal politichese agli spot televisivi.
La questione è: in quale misura verranno colpite le già smunte risorse destinate alla comunicazione per non parlare di quelle della cultura, della formazione e dell’innovazione.
Diciamolo una volta per tutte: in questa sede siamo poco interessati a far sventolare bandiere o appartenenze. Una simile esibizione non solo non è richiesta, ma riteniamo che altri debbano essere i luoghi e le sedi opportune.
Vogliamo però registrare che forse avevamo qualche ragione quando negli anni d’oro della nostra crescita invitavamo a trasformare le parole, sempre belle, in atti concreti.
Quella stagione è definitivamente tramontata e mi auguro solo che qualcuno leggendo certi interventi provi un qualche senso di vergogna.
Eppure vi sarebbe ancora tempo e spazio, non so se volontà, di dare solide fondamenta all’intero edificio della comunicazione pubblica.
In fondo una qualità professionale che deve appartenere a tutti i comunicatori pubblici è quella di saper fare di più e meglio pur in presenza di risorse economiche ridotte.
Esiste un tempo per attaccare, un tempo per difendere e un tempo per resistere.
Tutti noi, ovunque siamo collocati, dobbiamo riuscire a resistere ad una situazione che rischia di travolgerci e di fiaccare tanti entusiasmi e intelligenze.
Questo sarà, per dirla come William Shakespeare, “l’inverno del nostro scontento” eppure sono certo che, tutti assieme, ce la faremo.