Back to top
Associazione Comunicazione Pubblica
Chi siamo
Contattaci
Lunedì della 9:30 alle 15:30
dal martedì al venerdì dalle 9:30 alle 14:30.
Via Marsala 8 - 20121 Milano
compubblica@compubblica.it
02 67100712
345 6565748

E' diventato quasi un tic. Guardare il display del cellulare perchè da dieci minuti non vibra o non suona. Se poi accade per un paio d'ore di seguito inizia la crisi d'astinenza. La preoccupazione di non essere vivi e vegeti, oppure l'angoscia che tutti si sono dimenticati di noi.

Non essere raggiungibili ci fa diventare nomofobici. Il nome è stato coniato da ricercatori britannici che hanno lavorato per conto del Dipartimento per la telefonia delle Poste. Infatti "nomo" è l'abbreviazione di "nomobile".

Di questa nuova malattia è affetto il 53 per cento della popolazione del Regno Unito. Sarebbe interessante replicarla in Italia ci accorgeremmo che si arriverebbe a percentuali spaventose, Una previsione: tra il 90 ed il 100 per cento.

Basta guardare cosa accade all'uscita della metropolitana, o come si sentono le persone chiuse in una stanza dove non c'è campo in riunione. O magari un pranzo in campagna o al mare dove le compagnie telefoniche non riescono a far arrivare il segnale. Ci si sente nudi, privati di un diritto sacrosanto: quello di telefonare e di ricevere telefonate quando e come si vuole.

La ricerca inglese sottolinea come la sindrome è presente più negli uomini che nelle donne. Il 58 per cento dei rappresentanti del sesso maschile sono nomofobici e soltanto il 48 per cento del sesso femminile.

Il campione era fortemente rappresentativo della popolazione: 2.163  gli interpellati che giurano di non spegnere mai il telefono perchè sono obbligati ad essere sempre raggiungibili; il 55 per cento, invece, dichiara che lo tiene acceso anche per motivi familiari, ma quello che è singolare è quanto dichiara il 9 per cento del campione: se spegne il telefono mobile precipita in un forte stato d'ansia.

E pensare che stiamo parlando degli inglesi! Camminando per le strade di Londra non si vedono certamente le scene a cui siamo costretti girando per Roma o Milano. Così come salire su un treno o aspettare in aeroporto, non vi sottopone allo stress di sentire cosa fanno gli altri sia nel campo lavorativo che sentimentale. Tutti urlano, si arrabbiano, protestano, raccontano le loro avventure ovunque. E' difficilissimo non vedere persone "normali", con due o tre cellulari, uno per compagnia telefonica.
Per questo i dati della nomofobia in Italia potrebbero toccare cifre allarmanti.

E forse presto ci ridurremo come negli Stati Uniti dove già esistono cliniche per disintossicarsi dalla "cellularemania". Persone che hanno dipendenze talmente forti da spendere patrimoni in abbonamenti telefonici o schede. Per costoro è impensabile stare delle ore senza il cellulare acceso, ancor peggio, senza usarlo.

Qualche sera fa partecipando ad un talk show televisivo sul rapporto tra giovani e sms ho sentito più volte ripetere che il cellulare è utile. Talmente utile che se non siamo raggiungibili ci ammaliamo.

Recita un proverbio svedese: "Il Signore dà ad ogni uccello il suo verme, ma non glielo fa trovare direttamente nel nido". Nel senso che avere il cellulare, possederne uno, due, tre non ci obbliga ad essere sempre e comunque rintracciabili e predisposti a correre sempre di più.

Quindi al proverbio svedese possiamo contrapporre un proverbio africano: "Dio ti aiuta quando corri. Chi ti ha sorpassato al mattino lo sorpasserai tu al pomeriggio". E parafrasando Maurizio Costanzo con le camicie..."Buona nomofobia a tutti".
E' il prezzo della globalizzazione.

Francesco Pira, consigliere nazionale dell'Associazione "Comunicazione Pubblica"