Il Consiglio di Stato ha emanato una sentenza sulle recenti norme in materia di "Amministrazione Trasparente" rilevando in particolare come le nuove disposizioni, dettate con D. Lgs 33/2013 in materia di pubblicità, trasparenza e diffusione delle informazioni disciplinano situazioni, non ampliative né sovrapponibili a quelle che consentono l'accesso ai documenti amministrativi, ai sensi della Legge 241/1990 (art. 22 e seguenti), come successivamente modificata ed integrata.
Col citato D. Lgs n. 33, infatti, si intende procedere al riordino della disciplina, intesa ad assicurare a tutti i cittadini la più ampia accessibilità alle informazioni, concernenti l'organizzazione e l'attività delle Pubbliche Amministrazioni, al fine di attuare "il principio democratico e i principi costituzionali di eguaglianza, imparzialità, buon andamento, responsabilità, efficacia ed efficienza nell'utilizzo di risorse pubbliche", quale integrazione del diritto "ad una buona amministrazione", nonché per la "realizzazione di un'Amministrazione aperta, al servizio del cittadino".
Questa normativa - con finalità dichiarate di contrasto della corruzione e della cattiva amministrazione - intende anche attuare la funzione di "coordinamento informativo, statistico e informatico dei dati dell'Amministrazione statale, regionale e locale, di cui all'art. 117, secondo comma, lettera r) della Costituzione": quanto sopra, tramite pubblicazione obbligatoria di una serie di documenti (specificati nei capi II, III, IV e V del medesimo D.Lgs e concernenti l'organizzazione, nonché diversi specifici campi di attività delle Amministrazioni) nei siti dell'Istituzione stessa, con diritto di chiunque di accesso "direttamente e immediatamente, senza autenticazione e identificazione"; solo nel caso di omessa pubblicazione può essere esercitato il cosiddetto "accesso civico", ai sensi dell'art. 5 del Decreto 33 che consiste in una richiesta - che non deve essere motivata - di effettuare tale adempimento, con possibilità, in caso di conclusiva inadempienza all'obbligo in questione, di ricorrere al giudice amministrativo, secondo le disposizioni contenute nel relativo codice sul processo (D. Lgs 104 - 2/7/2010).
L'accesso ai documenti amministrativi, disciplinato nella L. 241/1990 dagli articoli 22 e seguenti è riferito, invece, al "diritto degli interessati di prendere visione ed estrarre copia di documenti amministrativi", intendendosi per "interessati... tutti i soggetti... che abbiano interesse diretto, concreto e attuale, corrispondente a una situazione giuridicamente tutelata e collegata al documento al quale è chiesto l'accesso"; in funzione di tale interesse la domanda di accesso deve essere opportunamente motivata.
Benché sommarie, queste indicazioni appaiono sufficienti per evidenziare la diversificazione di finalità e disciplina dell'accesso agli atti rispetto al cosiddetto accesso civico, pur nella comune ispirazione al principio di trasparenza di una Amministrazione pubblica che si vuole affermare con sempre maggiore ampiezza.
Per quanto riguarda la documentazione richiesta nel caso di specie - concernente "tutti gli atti delle procedure di valutazione di tutti i dottorandi di ricerca... il cui relativo titolo è stato o non è stato rilasciato dal giorno 1 gennaio 2005..." - è evidente che la procedura attivata sia da ricondurre in via esclusiva alla Legge 241/1990, come del resto formalmente enunciato nell'istanza: una così ampia diffusione degli atti interni di qualsiasi procedura valutativa non appare imposta, dal D. Lgs 33/2013, né - se pure lo fosse - potrebbe intendersi riferita anche a procedure antecedenti all'emanazione dello stesso Decreto che è entrato in vigore il 20 aprile 2013.
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