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Comunicazione Pubblica

Archivio newsletter - Associazione Italiana per la Comunicazione Pubblica e Istituzionale

C'è una parte della produzione didattica e scientifica dei corsi e delle Facoltà in Scienze della Comunicazione che spesso rimane celata dietro il sipario della routine quotidiana, emergendo con una certa difficoltà dalla presunta torre d'avorio dell'Università. Si tratta di quella qualità diffusa della formazione e della ricerca nella comunicazione, che va a trasferirsi nelle pratiche e nelle culture delle istituzioni e delle imprese, valorizzando  persone e processi e producendo  momenti di autentica innovazione nelle organizzazioni. Spesso tale qualità non diventa visibile perché oscurata da un silenzio spesso repressivo, frutto di una esasperata logica della notizia e delle campagne stampa contro. (...).

Di esempi di un "fare virtuoso" se ne potrebbero portare tanti, ma di certo a convincere  sono proprio le storie degli studenti, dei laureati che riconoscono nel curriculum seguito un valore aggiunto, strategico nel loro posizionamento sul mercato del lavoro. E' qui che occorre non stancarsi di sostenere il riconoscimento dell'attività comunicativa come asset strategico nella promozione e nello sviluppo del sistema-paese che ha investito ormai pienamente il sistema produttivo, imprenditoriale e socio-culturale. Va detto che tali storie hanno bisogno di essere ascoltate e rese visibili. Si ravvisa invece una certa "fatica" nell'emersione di un aperto riconoscimento di credito, spesso indotta da una campagna mediatica sfavorevole, paradossalmente, proprio ai corsi di comunicazione.
Ciò che chiedono le professioni comunicative al mercato è un cambiamento culturale, la volontà cioè, a posizionarsi in una prospettiva che accolga le competenze innovative e che consenta loro di rispondere in modo creativo ai fabbisogni professionali della PA come delle imprese, del terzo settore e, più in generale, di quel terziario che costituisce l'ambito più strategico per lo sviluppo sociale. Soprattutto in tempi di fragilità del capitale culturale e sociale degli individui e delle reti.

Di certo occorre determinare un'innovazione di processo anche nel "collocamento" delle risorse in campo e riconoscere la comunicazione quale fattore importante nella modernizzazione del sistema della formazione e di quello delle professioni.
Il banco dell'offerta formativa in comunicazione ha intercettato sempre più le richieste dei profili professionali provenienti da aziende, imprese, pubbliche amministrazioni, ma di certo non ci si può ritrarre dal riconoscere che un contesto di crisi, quale quello che attraversiamo, renda più difficile la lettura di tali istanze. I corsi di comunicazione - per la natura stessa delle discipline in continuo dialogo con i percorsi della modernità - riescono con più flessibilità a cogliere ed elaborare i mutamenti.
Compito fondamentale della formazione accademica in comunicazione è preparare professionisti competenti, in grado di leggere i segni, consapevoli della responsabilità del proprio ruolo e degli effetti sociali dell'agire professionale, anche entro dinamiche in continuo divenire come quelle attuali. Contemporaneamente, si deve definire una comunità deontologica che aggiorni la mappa dei fini e la verifica culturale delle competenze professionali. 

L'impatto delle dinamiche messe in atto dalla comunicazione sul "sistema Italia" è innegabile e si accompagna ad una domanda di
fondo sugli spazi professionali realmente accessibili ai giovani; già in altre occasioni è risuonata la domanda se l'Italia sia un paese per loro, in grado di allestire ingressi adeguati alle aspettative e alla preparazione che hanno in dote. (...).



NdR. Il testo integrale è pubblicato su "Comunicazione Pubblica" numero 119-120.


Mario Morcellini

preside Facoltà Scienze della comunicazione Università La Sapienza di Roma
presidente di COMferenza