Con il ritorno a Bologna di COM-PA (1,2,3 marzo 2011) il capoluogo emiliano torna al centro del dibattito su quale pubblica amministrazione serva al nostro Paese in questo inizio di secolo.
Si badi bene che non esistono idee diametralmente opposte tra schieramenti politici diversi.
Esiste invece un Partito trasversale, per intenderci come quello che propose e approvò la legge 150, che ritiene i tempi ormai maturi per un sistema di uffici e persone capaci di facilitare e accelerare le risposte e i servizi.
Un sistema che faccia della più grande azienda italiana uno strumento moderno ed europeo capace di accettare e vincere le sfide del nostro tempo.
Tutto chiaro e quindi tutto fatto.
No, non è proprio così. Cambiare un metodo centenario, modificare impostazioni, abitudini e prassi consolidate non può essere cosa che accada dalla sera alla mattina.
Si tratta di un processo culturale ancor prima che organizzativo. Si tratta di riempire di contenuti, tempi e risultati le tante parole spesso gettate al vento della demagogia.
Semplificazione, riorganizzazione, tecnologia non possono continuare ad essere sventolate quando mancano o tardano i risultati.
Dove sono finiti il benessere dei luoghi di lavoro, gli avatar di Second Life, le carte dei servizi, i bilanci sociali, il benchmarking?
Che fine hanno fatto le carte d’identità elettroniche, i microchip, le pratiche online e via ricordando?
Come uscire vivi dall’infernale dedalo di progetti iniziati e poi abbandonati nell’arco di pochi mesi, delle iniziative lasciate a metà per mancanza di risorse?
In gran parte è così che la pubblica amministrazione ha perso credibilità ed immagine.
Apparendo un immenso e lento dinosauro laddove i cittadini si aspettavano di trovare veloci gazzelle.
Se ieri la pubblica amministrazione era vissuta come una sorta di riserva dove collocare quantità indifferenti di operatori, oggi non esiste certezza di futuro laddove non esiste una macchina pubblica efficiente e funzionale.
La comunicazione pubblica, per sua origine e finalità si candida a guidare e ad accompagnare questa sorta di rivoluzione copernicana.
Ha le idee, le professioni e le competenze necessarie.
Ma quanti hanno davvero voglia di cambiare?
Cambiare si può (anzi si deve)
Altri articoli
-
AssociazioneLaboratori di formazione “Sapere & Fare” a COM.Lab
-
AssociazioneVenezia-Mestre: corso in comunicazione pubblica
-
-
-
ServiziDimmi Quando
-
Tecnologie interattive
Una classifica dell'Europa digitale
-
-
Agenda
Dal dire al fare
-
Agenda
Comunicare nelle crisi
-