Quale lezione può trarre un comunicatore pubblico dalle elezioni del 2008?
La stessa che Philip Gould, in un suo recente saggio, così indica: "Non si può più parlare con qualcuno e pretendere di essere ascoltati. Se vuoi essere ascoltato devi essertelo guadagnato".
Un concetto che sintetizza perfettamente una parte grande della nostra ricerca circa le modalità e le strategie attraverso cui la comunicazione pubblica cessa di essere un insieme di azioni più o meno coordinate e comincia ad essere una vera e propria disciplina.
Comunicare, dunque non è solo la capacità di ascoltare ma anche quella di creare, attraverso l'ascolto, una relazione costante e durevole con il singolo o con gruppi di cittadini.
Oggi la gente pretende di identificare nel capo, nel leader (non sempre le due figure coincidono) non solo una guida ma innanzitutto "uno di loro".
Quando questo meccanismo non scatta la nostra comunicazione si riduce a una sbadata propaganda ad una voce che non riesce ad oltrepassare quella zona grigia che divide la gente dalle Istituzioni e dalle organizzazioni politiche e sindacali.
Insomma occorre saper distinguere bene tra il parlare e l'essere ascoltati che non sono sinonimi ma che rappresentano la vera differenza tra chi comunica e chi crede di comunicare.
Anche su questo dovrebbero riflettere vincitori e vinti. Altrimenti ci toccherà assistere all'antico rituale della sostituzione di qualche comunicatore anziché all'avvio di un processo più vasto e originale.
Alessandro Rovinetti, segretario generale dell'Associazione "Comunicazione Pubblica"
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