La comunicazione così come viene intesa da pubblicitari e giornalisti è ormai caduta in discredito, soprattutto per colpa della politica. Durante i "30 anni gloriosi" del grande sviluppo economico aveva acquisito titoli di nobiltà e conservato un volto rispettabile svolgendo un ruolo importante nella società dei consumi. Infatti il marketing, i collaudati strumenti della pubblicità e della gestione delle immagini, e il culto delle marche sono stati molto utili per le imprese. Forte di questi successi la comunicazione, ora esaltata, ora condannata senza appello, ha avuto la tentazione egemonica di dettare le modalità di espressione alle Istituzioni pubbliche, ai media e alla politica. Tuttavia le buone intenzioni di utilizzare la comunicazione per finalità sociali o per lo sviluppo sostenibile, sono svanite.
I grandi gruppi hanno privilegiato i messaggi rivolti ai loro azionisti e incoraggiato le operazioni speculative. Le derive finanziarie, infine, hanno incrinato l'immagine degli istituti bancari e delle imprese.
Il registro della propaganda è diventato moneta corrente e si è finito con l'accontentarsi di facili proclami, di effetti annuncio invece di azioni. (...).
In effetti una Istituzione pubblica ha il dovere costituzionale di comunicare perché è un diritto dei cittadini ottenere le informazioni dall'Ente pubblico e diffonderle. Ma questo non è sufficiente: la comunicazione pubblica deve essere anche discussione, consultazione, concertazione e dibattito. Il dibattito, che prevede il contradditorio, è il modo migliore per riuscire a definire - umanamente - delle verità, trovando, oltre le passioni, dei compromessi sociali attraverso la razionalità di un linguaggio comune.
Ispirandosi alla comunicazione commerciale gli attori pubblici sono scesi dal loro piedistallo e hanno imparato a parlare alla gente. Di fronte alle difficoltà di trovare un'espressione della sovranità popolare, il modello del cliente-Re proprio della società dei consumi ha ben presto rivelato i suoi limiti. (...).
Vanno compiuti grandi sforzi per realizzare una comunicazione autentica che riconosca l'altro, ascolti il ricettore e rispetti il cittadino nel dibattito pubblico. In una democrazia la natura della comunicazione condiziona la qualità della rappresentanza politica.
Una nuova società della comunicazione potrebbe così raccogliere la temibile sfida di integrare l'etica dell'individuo pienamente libero di esprimersi, con un'etica dell'espressione collettiva della società.
Di fronte a terrorismi, nichilismi, egoismi, pessimismi di ogni sorta, una via d'uscita per le democrazie è coinvolgere meglio i cittadini nelle scelte e nelle decisioni.
NdR. Il testo integrale sul prossimo numero (121-122) di "Comunicazione Pubblica"
Pierre Zémor
Consigliere di Stato di Francia
presidente FEACP-Federazione Europea delle Associazioni di Comunicazione Pubblica