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Associazione Comunicazione Pubblica
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La cittadinanza amministrativa attiva, afferma il documento conclusivo degli Stati Generali della comunicazione pubblica, è intrinsecamente connessa al rinnovamento della Pubblica Amministrazione.   La comunicazione pubblica,  i suoi operatori e strutture, alleati con gli altri network che promuovono una effettiva innovazione nel nostro paese, può dare un fondamentale contributo.

Un primo importante confronto si è svolto in tal senso proprio all'interno degli stati generali nel convegno "Tra postdemocrazia e governo inclusivo dei beni comuni:  quale futuro per le esperienze innovative e partecipative attivate nei territori nell'ultimo decennio? Il contributo della comunicazione pubblica, degli Enti Locali, di cittadini e imprese", cui sono intervenuti CittadinanzAttiva, coord. Agende 21 locali italiane, Rete Nuovo Municipio, Comunicazione Pubblica, Città Amiche infanzia e adolescenza  (Vedi qui).

Una comunicazione correttamente intesa (non quindi come mera trasmissione di informazioni ma autentico dialogo) è infatti alla base di ogni processo partecipativo, ne è la sua precondizione, come del resto dice il libro bianco della Unione Europea sulla governance.  Poter disporre di dati e informazioni comprensibili, fruibili, autorevoli, è indispensabile per mettere i diversi portatori di interesse nelle condizioni di avere una base comune di analisi e di evitare quindi spesso inutili equivoci e contrapposizioni preconcette e quindi migliorare il dialogo e la qualità delle decisioni pubbliche.

Comunicazione è partecipazioneSono convinto che il processo e contesto che vede diversi soggetti confrontarsi e prendere la parola possa essere meglio organizzato di quanto non sia stato fino ad ora, e che quanto maggiore sarà la comprensione e la chiarezza delle opzioni in gioco e il punto di vista di ciascuno, tanto migliori i risultati in termini di coesione sociale e qualità della democrazia locale.

Oggi c'è una esigenza di chiarificazione sul significato, e soprattutto sulle pratiche, di partecipazione. Vanno evitati la confusione, accenti ideologici e retorici, simulazioni e conseguenti effetti boomerang che talvolta connotano le esperienze partecipative.

Lo scenario in cui si discute di strumenti e processi partecipativi sta cambiando nel nostro Paese. Se da un lato siamo all'interno di una generale crisi degli strumenti democratici e concertativi e dei soggetti che li interpretano e vi prendono parte,  dall'altra sembra emergere da alcuni mesi nel nostro paese una tendenza che non punta a governare la complessità sociale economica e istituzionale con strumenti più fini ma a introdurre modi sbrigativi, a semplificare in modo sommario dando maggiore voce non ai cittadini ma a chi li governa.

E' una falsa alternativa quella tra "modi sbrigativi e decisionisti" e "discussioni che non finiscono mai"  e non portano a qualcosa di concreto,  che rischia di lasciare le cose come stanno, di non affrontare il problema.

Oggi, consapevoli del nuovo quadro all'interno del quale ci troviamo ad operare,  dobbiamo ripartire dalle esperienze che negli ultimi dieci anni in Italia, e soprattutto nei territori e grazie ad iniziative di Enti Locali, Associazioni e vari portatori di interesse, sono state attivate e sperimentate diverse modalità di coinvolgimento dei cittadini.

Queste esperienze, con il loro bagaglio di buone pratiche, ma anche e di errori e di insuccessi dai quali imparare, richiedono un lavoro di razionalizzazione e di integrazione per uscire dalle dimensioni sperimentali ed affermare le pratiche partecipative come nuovi standard per fornire alle pubbliche amministrazioni maggiori capacità di analisi, progettazione, decisione e realizzazione delle politiche pubbliche.

Consolidare e standardizzare maggiormente i processi e gli strumenti partecipativi, richiede in primo luogo chiarezza e risolutezza rispetto ad una serie di elementi quali:  l'esplicitazione obiettivi che ci si pone;  la chiarezza sui ruoli degli attori coinvolti; le competenze e gli strumenti a disposizione;  l'applicazione omogenea, integrata e trasversale ai diversi settori;  un maggiore utilizzo degli strumenti di e-government ed e-democracy.

Occorre dunque chiedersi quale è il ruolo più costruttivo che ciascuno può svolgere a partire dalle sue specifiche competenze di amministratore, associazione di volontariato, imprenditore, tecnico, comunicatore pubblico, cittadini...

La partecipazione, hanno detto gli Stati Generali,  è una nuova frontiera della comunicazione pubblica. Una strategia che sollecita e richiede nuove competenze, strumenti e tecniche ancora in gran parte da sviluppare.

I comunicatori pubblici, assieme ai facilitatori, ai mediatori culturali, agli educatori, hanno uno specifico apporto di competenze, metodologie e di esperienza da mettere a disposizione dei processi partecipativi di nuova generazione.

Il convegno dello scorso 7 ottobre ha anche visto convergere le associazioni intervenute  sulla necessità di una maggiore collaborazione tra i diversi network nazionali che perseguono l'opzione partecipativa per fare sistema e accrescere la forza dei processi di innovazione puntando su concretezza ed efficacia. Un auspicio e un proposta di lavoro questa che vedrà a breve specifiche iniziative comuni.

Paolo Tamburini