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Archivio newsletter - Associazione Italiana per la Comunicazione Pubblica e Istituzionale

Comunicazione istituzionale a rapporto... dalla Corte


La Delibera n. 50 della Corte dei Conti in sezioni riunite, depositata il 21 settembre scorso, ha riaperto una questione che sembrava ormai archiviata dopo una serie di circostanziati pronunciamenti di diverse sezioni regionali dello stesso organismo giurisdizionale contabile.
Diciamo subito che anche in questo caso, a nostro parere, la comunicazione pubblica e istituzionale non è sostanzialmente in pericolo. Per due ragioni fondamentali: la Corte non può ovviamente assumere decisioni contrarie alla Costituzione; le limitazioni di spesa, anche nella loro interpretazione più restrittiva, non cancellano gli effetti della Legge 150/2000. Nonostante ne limitino la portata. Aspetto che ha lasciato indifferenti i magistrati, tanto che hanno voluto puntualizzare: “La scelta di contenimento della spesa è suscettibile, per sua natura, di produrre effetti negativi sull'efficienza ed efficacia dell'azione amministrativa”.
 
Sono, però, gli stessi giudici contabili che ci aiutano a capire meglio la questione.
Nel tentativo di fornire a tutti i colleghi che si occupano di comunicazione pubblica e istituzionale, ma anche ai dirigenti dei settori finanziari degli Enti locali e delle Regioni spunti utili per comprendere l'effetto del pronunciamento della Corte dei Conti cercheremo di prendere in esame alcuni elementi che riteniamo essenziali per una corretta applicazione del pronunciamento. E, come sempre, i suggerimenti e le osservazioni che ci vorranno fare i lettori e gli addetti ai lavori saranno utili ad approfondire ulteriormente la questione.


La 150/2000 non viene cancellata
Partiamo da un presupposto che è fondamento di ogni norma giuridica: “Ubi lex voluit dixit, ubi noluit tacuit” (“Dove la legge ha voluto ha detto, dove non ha voluto ha taciuto”).
Infatti, la Corte dei Conti della Liguria con Deliberazione n. 7/2011 depositata il 15 febbraio 2011 specifica che il Decreto 78/2010 (convertito nella L. 122/2010 “Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica”) “non contiene una disposizione relativa all’abrogazione implicita di norme [riferendosi, nello specifico, alla L. 150/2000] incompatibili con il contenuto del medesimo. Ciò significa chiaramente che il Parlamento, al di fuori delle specifiche previsioni del testo approvato, non ha voluto innovare ulteriormente il complessivo assetto ordinamentale”.  

Un orientamento che il legislatore ha mantenuto anche successivamente, tanto che non troviamo traccia di una scelta diversa in alcuna circolare, decreto o norma di finanza pubblica. Nemmeno nei reiterati provvedimenti assunti durante l'estate 2011 e sui quali occorrerà basarsi per predisporre i bilanci di previsione del 2012. In particolare, sia nella “Manovra di finanzia pubblica 2011-2013” e in quella 2011-2014, così come nel Dl n. 98 del 6/7/2011 non vi è alcun riferimento a tagli alla “comunicazione pubblica” o a quella “istituzionale”.

Anche il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Paolo Bonaiuti, in una circolare del 6 giungo scorso (depositata allo “Ufficio del bilancio e per il riscontro di regolarità amministrativo-contabile” il 14 giugno e alla Corte dei Conti il 18 luglio) precisa quale sia la risposta del ministero dell'Economia e delle Finanze alla richiesta di parere da parte del Dipartimento per l'Informazione e l'Editoria: “Il ministero (…) ha precisato che le disposizioni di risparmio previste dall'articolo 6, comma 8 del Decreto legge n. 78/2010 devono essere necessariamente coniugate con le disposizioni di carattere speciale contenute nella Legge n. 150 del 2000. Tale legge, infatti, chiarisce che le attività di carattere 'comunicativo-istituzionale' sono quelle rientranti nell'art. 1, comma 5, lettere dalla a) alla f). In quanto tali, le spese relative a dette attività non sono soggette, ai sensi dell'articolo 1, comma 6 della medesima legge, ai predetti limiti di spesa. Tutte quelle attività non rientranti in tale comma devono invece considerarsi di tipo comunicativo-pubblicitario (…) e soggette alle riduzione di spesa (...)”.

Una precisazione che non contraddice, anzi conferma l'interpretazione che successivamente hanno fatto i giudici contabili, i quali si soffermano appunto sull'aspetto della pubblicità.



I contenuti della delibera n. 50/2011

Le questioni prese in esame dalla Corte a sezioni riunite con la delibera n. 50/2011 sono nello specifico due: una riguarda le spese per incarichi di consulenza “talmente specialistiche che sono comunque al di fuori delle professionalità interne all'amministrazione”; l'altra, la possibilità di non computare, “in materia di riduzioni di spesa per relazioni pubbliche e pubblicità, quelle riconducibili alle finalità istituzionali previste dalla Legge n. 150 del 2000”.

Concentreremo l'attenzione su quest'ultimo aspetto, rimandando l'analisi del primo punto a un altro momento. Quello che ci interessa è capire l'esatta “portata applicativa dell'art. 6 c. 8 del Decreto 31/5/2010 convertito, con modificazioni, dalla L. 30/7/2010 n. 122”.

Il punto di partenza: la Corte dell'Emilia Romagna
Non si può comprendere appieno il senso delle parole utilizzate dai magistrati se non si analizza il punto di partenza, cioè la deliberazione n. 18/2011/PAR del 7 aprile 2011 della Sezione regionale dell'Emilia Romagna. È stata infatti questa Corte a rivolgersi alle Sezioni riunite per dirimere una controversa interpretazione, in particolare rispetto a quella lombarda, di alcuni punti della norma di stabilizzazione del 2010.
In particolare, in relazione alla comunicazione pubblica, la questione riguarda il comma 8 sulle  riduzioni di spesa per relazioni pubbliche e pubblicità. Secondo il presidente del Consiglio delle Autonomie Locali dell'Emilia Romagna (CALER), che ha chiesto un parere alla Corte dei Conti regionale, queste spese, qualora siano riconducibili alle finalità istituzionali previste dalle L. 150 del 2000 non sarebbero da computare. Una interpretazione che i magistrati  ritengono “debba essere valutata con particolare prudenza”. Perché l'ampiezza della 150/2000 “comporterebbe una sostanziale vanificazione delle riduzioni di spesa volute dal legislatore”. Essendo certi che si possano escludere dai limiti imposti dal legislatore (non più del 20% di quanto impegnato nel 2009) solo le “cd spese obbligatorie di pubblicità”.

“Prudenza” e solo per la pubblicità
Gli stessi giudici, però, non utilizzano termini perentori sulla 150/2000, ma invitano a usare prudenza. E su questo non si può certo dissentire, perché è da molti anni che le norme finanziarie impongono limiti di spesa per le voci “relazioni pubbliche, convegni, mostre, pubblicità e di rappresentanza”, anche se sicuramente più contenuti (fino -40%) rispetto a quelli del 2010 (-80%).

Desideriamo porre l'attenzione sulle voci prese in esame dai magistrati emiliani, cioè “relazioni pubbliche e pubblicità”, e da quelli delle Sezioni riunite, che si limitano esclusivamente a esprimere un parere sulle spese relative alla “pubblicità” (“Riguardo al secondo dei due quesiti, relativo alle limitazioni delle spese per la pubblicità” istituzionale).

D'altra parte non può che essere così, altrimenti ci sarebbero evidenti contraddizioni logiche. E non lo diciamo noi, ma la Corte dei Conti della sezione regionale di controllo per il Piemonte (delibera n. 37 dell'1 aprile 2011). “Restano in ogni caso escluse dall’applicazione della disciplina in esame, le spese dell’Amministrazione che risultino dirette a promuovere la conoscenza da parte della collettività dell’esistenza e delle modalità di fruizione dei servizi pubblici. Al riguardo si evidenzia in primo luogo che, già da un punto di vista logico, l’erogazione di un servizio necessita di per sé di una adeguata divulgazione, per consentirne l’effettiva fruizione da parte dei cittadini. Inoltre la comunicazione istituzionale delle pubbliche amministrazioni è regolata da una disciplina speciale (artt. 1, 2, comma 1, e 9 della Legge 7 giugno 2000, n.150), non derogata dalla generale normativa finanziaria oggetto di esame (…)”.

Però aggiunge, evidenziando la stessa prudenza alla quale richiamano i giudici emiliani: “Tuttavia, anche queste attività, per quanto non soggette ai limiti in esame, per le ragioni esposte, soggiacciono ad imprescindibili valutazioni di economicità, efficienza ed efficacia e pertanto la relativa spesa dovrà, fra l’altro, sempre osservare criteri di stretta funzionalità alle finalità perseguite dall’ente locale”.

Come tagliare?

Ponendo inoltre l'accento su un altro punto che riteniamo fondamentale: la possibilità dell'istituzione locale di decidere autonomamente dove e come tagliare, perché il legislatore non può obbligare a eseguire tagli lineari su ogni singola voce di spesa. In altre parole non viene chiesto di tagliare dell'80% ogni singola voce (“relazioni pubbliche, convegni, mostre, pubblicità e di rappresentanza”) ma l'insieme della spesa che le comprende, ricordando, tra l'altro, che riguardano tutti i settori e quindi non possono incidere esclusivamente sui capitoli relativi alla comunicazione. Per questi ultimi, anzi, occorre ricordare la Direttiva del 7 febbraio 2002: le “spese complessive per la comunicazione e l'informazione pubblica” devono essere “una percentuale non inferiore al 2% delle risorse generali”.

A supporto di quanto affermato, si ricorda la sentenza n. 417/2005 della Corte Costituzionale che ha dichiarato illegittimo l'art. 1 c.9 del Dl n. 168 del 12/7/2004 sempre in relazione a “Interventi urgenti per il contenimento della spesa pubblica”, poi convertito con modificazione nella L. n. 191 del 30/7/2004. Motivazione: “Per aver fissato dei limiti puntuali a singole voci di spesa dei bilanci delle regioni e degli e.l. ledendo, pertanto, l'autonomia finanziaria di spesa di tali soggetti garantita dall'art. 119 della Costituzione”.

Anche la Corte dei Conti della Toscana scrive: “Infine va ribadito che resta sempre di esclusiva competenza dell’ente locale la determinazione in concreto della categoria nella quale classificare la spesa, in osservanza delle sopra illustrate indicazioni, e tenuto conto sia dei programmi e progetti sviluppati nel settore socio-economico locale, che di quanto effettuato negli esercizi precedenti”.

Sulla stessa linea la Corte dei Conti della Liguria, che nella Deliberazione n. 7 depositata il 15 febbraio 2011 scrive: “il Comune di Loano chiede indicazioni sui criteri da adottare per calcolare la percentuale di abbattimento dell’80% delle spese relative a relazioni pubbliche, convegni, mostre, pubblicità e cioè se la medesima debba essere calcolata singolarmente per ogni voce, secondo la tecnica dei tagli lineari, ovvero se, invece, riguardi l’ammontare complessivo di tali spese lasciando alla discrezionalità del singolo Comune la valutazione delle scelte operative. Al riguardo il principio di autonomia amministrativa, evincibile dall’art. 114 Cost., sembra consigliare la seconda impostazione che consente anche un più efficace perseguimento delle specifiche esigenze del singolo ente, in linea quindi anche con l’art. 1, L. 7.08.1990 n. 241, fermo rimanendo l’invarianza del saldo complessivo”. Aggiungendo più avanti: “la L. 150/2000 costituisce una attuazione dei principi generali di trasparenza e di pubblicità dell’azione amministrativa in quanto rafforza le modalità e le forme di comunicazione sulle possibilità di accedere ai pubblici servizi nonché sull’efficienza dei medesimi, in ossequio al principio di buon andamento dell’azione amministrativa”.

Come comportarsi?
L'importante, come prescrivono diverse norme, è analizzare a fondo e motivare ogni scelta, evidenziando gli inevitabili risparmi fatti, ricordando che la comunicazione è riscontrabile in ogni capitolo di spesa del bilancio di una P.A., laddove sussista un rapporto tra questa e un soggetto privato, sia singolo cittadino sia in forma organizzata, o un soggetto economico. Questa documentazione è anche utile per motivare eventualmente al Prefetto le ragioni di alcune scelte. Perché il comma 14 dell'articolo 16 della cosiddetta manovra di Ferragosto 2011 individua il Prefetto come colui che deve accertare che “gli Enti territoriali interessati abbiano attuato, entro i termini stabiliti, quanto previsto” anche dal Dl 78 del 2010.

Concretamente distingueremmo, anche sulla base delle interpretazioni dei giudici contabili, le voci di spesa relative a una mera pubblicità (acquisiti di spazi su quotidiani o periodici o radio o tv, oppure cartelloni nei quali il messaggio diffuso è generico e non specifico di un servizio) da quelle sostenute per rendere conto ai cittadini della propria attività, di come quindi vengono spesi i soldi pubblici, e quelle complementari ai servizi offerti (ad esempio, far conoscere tempi, luoghi e modalità di accesso a servizi o eventi). Quindi, se nel 2009 un ente non ha sostenuto spese di mera pubblicità, l'80% di zero è uguale a zero. Altrimenti si rischierebbe di vanificare l'intera efficacia di un investimento fatto con soldi pubblici (un nuovo servizio che non viene comunicato e come se non esistesse), ma anche di rendere arbitraria la relazione tra Amministrazione e cittadini, impedendo una fondamentale condivisione delle decisioni.

La comunicazione è imprescindibile
Giova ricordare la circolare 1/2010, firmata il 14 gennaio 2010 dal ministro per la Funzione Pubblica, dove si evidenzia “l’importanza della trasparenza e della conoscibilità dei dati relativi alle attività delle Pubbliche Amministrazioni e ai dipendenti delle stesse”: la trasparenza deve essere “intesa come accessibilità totale”. Come garantirle se non attraverso la comunicazione interna ed esterna?

Le spese di rappresentanza
Un'ultima precisazione. Sempre in relazione ai costi per la comunicazione, in particolare la voce relativa alle “spese di rappresentanza sostenute dagli organi di governo degli enti locali” (il cui prospetto deve essere “trasmesso alla sezione regionale di controllo della Corte dei Conti ed è pubblicato, entro dieci giorni dall'approvazione del rendiconto, sul sito internet dell'Ente locale”) occorre attendere lo schema tipo, che deve essere adottato dal ministro dell'Interno di concerto con quello dell'Economia e delle Finanze.



Di Claudio Trementozzi.


Allegati:
La Delibera della Corte dei Conti
La circolare del sottosegretario alla presidenza del Consiglio