Noi suggeriamo sempre di dotarsi, prima di tutto, di un Codice di comportamento, che autorizza quindi a non "violare" le regole della community, procedendo con la cancellazione dei post offensivi. Però a volte è difficile fronteggiare quanto scritto da esponenti politici che vorrebbero avere il diritto di critica, a prescindere da tutto e da tutti. Così come di coloro che non commentano direttamente sulla pagina istituzionale, ma condividono la notizia sul proprio profilo, per poi sentirsi liberi di scrivere insulti.
Ci viene in aiuto una sentenza della Corte di Cassazione (n. 37596 del 12/09/2014) che considera Facebook come un "luogo aperto ed accessibile al pubblico" e pertanto chi scrive insulti o frasi poco rispettose può essere perseguito per il reato di molestie, previsto dall'articolo 660 Codice Penale.
Un procedimento giurisprudenziale importante e da tenere a portata di mano, perchè in qualche modo si spinge anche oltre il caso specifico, evidenziando il fatto che Facebook, come altri social network, consente "un numero indeterminato di accessi e visioni, rese possibili da una evoluzione scientifica che il legislatore non era arrivato a immaginare".
Claudio Trementozzi
 
                                 
        
         
                                         
                                         
                                         
                                         
                                         
                                        