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Riflessioni dal 16° Rapporto Censis sulla comunicazione - seconda

Dopo aver proposto nel numero scorso della news letter (n. 341 del 30 marzo) tre  contenuti del 16° Rapporto Censis sulla comunicazione, continuiamo con altri quattro argomenti di riflessione. In questo numero: la carta stampata: si è fermata l'emorragia di lettori. Le diete mediatiche di anziani e giovani. Le differenze territoriali. La costruzione dell’identità nell'era biomediatica.
    
La carta stampata: si è fermata l'emorragia di lettori.
Media stampa ancora nella crisi, ma sembra essersi fermata l'emorragia di lettori. Quelli dei quotidiani, che nel 2007 erano il 67,0% degli italiani, nel 2019 sono il 37,3%, percentuale simile e quella del 2018 (il 37,4%). Le edizioni on line dei giornali si attestano a una quota di utenza pari al 26,4% (la stessa di un anno fa: +0,1%). Nel settore dei periodici, flettono leggermente i settimanali (30,1% di lettori, -0,7% in un anno) e tengono i mensili (27,4% di lettori, +0,9%). Gli aggregatori di notizie on line e i portali web d'informazione sono consultati dal 51,6% degli italiani, con una crescita del 5,5% rispetto al 2018. In Italia, anche i lettori di libri diminuiscono anno dopo anno. Se nel 2007 il 59,4% degli italiani aveva letto almeno un volume nel corso dell'anno, nel 2019 il dato è del 41,9%, la caduta, però, sembra essersi fermata poiché il dato risulta stabile rispetto all'anno precedente (-0,1%). Gli e-book, letti solo dall'8,5% degli italiani, con una variazione nulla in un anno, non hanno compensato la diminuzione di lettori.

Le diete mediatiche di anziani e giovani.
La piramide dei media fruiti dai più anziani vede al vertice la televisione (96,5%), seguita dai quotidiani (54,6%) e dai periodici (52,2%) posizionati sopra Internet (42,0%) e smartphone (38,2%). Tv e giornali su carta costituiscono dunque le fonti principali per chi ha 65 anni e più.
Una vera piattaforma di accesso digitale si presenta invece tra i più giovani. Tra chi ha 14-29 anni risultano appaiati Internet (90,3%), tv (89,9%), telefono cellulare (89,8%) e social media (86,9%): siamo compiutamente nel regno della transmedialità.

Le differenze territoriali.
La più ricca piattaforma mediatica è quella su cui si collocano gli abitanti delle grandi città (più di 500.000 residenti), in cui praticamente tutti i dati si posizionano al di sopra della media nazionale dei consumi mediatici, con l’eccezione dei quotidiani, letti solo dal 20,4% della popolazione. Nelle aree metropolitane hanno preso più piede sia la mobile tv (31,6%) che la tv on demand (31,3%). Al contrario, nei centri urbani minori (fino a 10.000 abitanti) i consumi mediatici sono per la maggior parte al di sotto della media nazionale, con la sola eccezione dei quotidiani che segna il 40,5% di lettori, il doppio rispetto alle grandi città.

La costruzione dell’identità nell'era biomediatica.
La famiglia costituisce di gran lunga ancora il primo fattore di identificazione. Lo è per il 76,3% degli italiani e in misura maggiore per gli anziani (83,5%). Essere italiano (39,9%) e il legame con il proprio territorio di origine (37,3%) si collocano a poca distanza l'uno dall'altro. Segue il lavoro (29,2%), una leva di identificazione più forte tra chi ha una età compresa tra 30 e 44 anni (39,1%), poi la fede religiosa (17,2%) e le convinzioni politiche (11,8%). Solo dopo viene l'identità europea (10,9%). Per il 3,5% è il proprio profilo sui social network a determinarne l'identità, una percentuale che sale al 9,1% tra i giovani, cioè uno su dieci.

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