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Associazione Comunicazione Pubblica
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Uno dei motivi per cui nella pubblica amministrazione quasi tutti i percorsi di innovazione rischiano di finire nel nulla è certamente dovuto alla mancanza di quello che nel sistema privato si chiama spirito aziendale o meglio senso dell'azienda.
Mentre le imprese cambiano, mutano o si rinnovano secondo processi a volte difficili e dolorosi ma quasi sempre orientati ad un'ottica di consolidamento e di crescita, nella pubblica amministrazione troppe cose iniziano e poi scompaiono nel più totale disinteresse e forse con qualche respiro di sollievo.

Nel corso degli ultimi vent'anni ci hanno propinato di tutto: dalle human relation ai supermercati della pubblica amministrazione, dalle tecniche americanizzanti alle lezioni di giocatori e allenatori sulla difficile arte di far squadra.
Mancando però un filo logico se non una seria strategia di dove andare e cosa fare, tutto ci è stato porto come in una sorta di gigantesco buffet in cui ciascuno poteva servirsi dove, come e quando gli faceva più comodo. Spiluzzicando, appunto come in un buffet, un po' qua e un po' là.
Dove sono finiti gli sportelli funzionali, le firme digitali, le carte d'identità elettroniche, i servizi in rete, gli URP e gli uffici stampa consorziati. Chi ha notizie del marketing dei servizi, delle tecniche di customer, della formazione permanente, della digitalizzazione e della banda larga.

Molte, troppe di queste cose, quando non riposano nelle teche delle "case history", giacciono abbandonate tra lo sconforto di tanti colleghi e la rabbiosa rassegnazione dei cittadini e delle imprese.

In questo caos, non si sa bene se voluto o subito, ma il dibattito è aperto, rischiano di scomparire nel limbo delle vecchie e nuove promesse, anche i pochi punti fermi e le pochissime certezze ereditate dal decennio d'oro delle riforme.

Difficile pensare che su questa strada possa davvero nascere una pubblica amministrazione moderna ed europea e una nuova leva di pubblici dipendenti formati e preparati alle sfide di una società complessa e in grande evoluzione come la nostra.

Non abbiamo nessun interesse ad aprire l'ennesimo dibattito sulle cause e sulle responsabilità di un sistema pubblico che costa al nostro Paese un punto e mezzo del PIL nazionale.
Né ci entusiasma l'avvicinarsi di una nuova stagione di dibattiti su nuove leggi, tecniche diverse, professioni fantasiose.

Le norme, le ricerche, gli studi che possediamo sono sufficienti per riformare molte burocrazie e apparati.

I comunicatori pubblici e con loro gli studenti delle facoltà di Scienze della comunicazione debbono però sapere che continuando a seguire i pifferai magici che hanno una soluzione per ogni problema ma che non portano mai nessun problema a soluzione, non si andrà da nessuna parte.
Finiranno per perdere intelligenze, entusiasmi e volontà in un eterno gioco dell'oca che prima o poi li rimanderà alla casella di partenza.
Agire per invertire questo meccanismo è oggi il compito di tutti i veri innovatori e l'impegno dell'Associazione dei comunicatori pubblici.

Adesso è il momento del fare. La stessa politica lo sta proclamando e lo chiediamo anche noi che, come i cittadini, vorremmo passare da "dopo ne parliamo" a "adesso facciamo".

A maggio si aprirà la stagione dei contratti nel pubblico impiego. Noi siamo impegnati perché in quella sede trovino risposte i temi dei profili professionali affidati oggi a pochissimi fatti e a moltissime parole.

I comunicatori aspettano risposte perché di teorie, meglio sarebbe dire di teorizzazioni, sono lastricate le strade che ci stanno riportando nella palude della propaganda con grave danno per le Amministrazioni e i cittadini.