Intervento di Ginevra Cerrina Feroni, vice Presidente del Garante per la protezione dei dati personali
(Il Messaggero, 22 aprile 2021)
Razionalizzare la produzione industriale, realizzare modelli del cambiamento climatico, rendere la rete energetica più efficiente. Ma anche scansionare i curricula di aspiranti ad un impiego, valutare il merito creditizio per la concessione di un mutuo, determinare la priorità per assegnare un bonus famiglie, riconoscere una richiesta di protezione umanitaria. Queste sono solo alcune delle possibili applicazioni della cosiddetta "intelligenza artificiale". Ovvero quella tecnica che consente la progettazione di sistemi hardware e programmi software in grado di fornire prestazioni che, a un osservatore comune, potrebbero sembrare di pertinenza esclusiva dell'intelligenza umana.
Come in tutti passaggi epocali della storia, lo sviluppo tecnologico non deve essere frenato ma neppure si può ad esso aderire acriticamente senza porsi la visione del suo impatto sui fondamenti condivisi dell'etica e del diritto. Non occorre mobilitare nuovi principi, ma rivitalizzare le basi del costituzionalismo liberaldemocratico europeo per realizzare una legalità effettiva ed efficace: servono soluzioni senza precedenti per condizioni tecnologiche e sociali senza precedenti. Passaggio importante è, dunque, la bozza di Regolamento che la Commissione europea ha appena varato. L'obiettivo è ambizioso: tracciare una dottrina europea dell'Artificial Intelligence (AI) che regolamenti finalmente il tema, per non lasciare campo libero alle potenti aziende tecnologiche, in un "Far West" dei dispositivi di AI come negli Stati Uniti, o sfruttando la tecnologia per creare uno stato di sorveglianza come in Cina. L'Europa propone la sua "terza via", alternativa al liberismo americano ed all'autoritarismo cinese, in un approccio "umano-centrica" già espresso fin dai Considerando iniziali: "incentrato sull'uomo" esordisce il testo.