"Comunicazione Pubblica" segue con grande attenzione il dibattito pubblico in tema della tutela e della valorizzazione professionale dei comunicatori pubblici, dei profili, delle competenze e dell'utilizzo esperto delle piattaforme digitali.
La situazione pandemica internazionale che stiamo vivendo ha evidenziato alle Istituzioni e ai cittadini il ruolo e il valore sociale della comunicazione pubblica e del portato valoriale e deontologico di competenze, conoscenze ed esperienze dei professionisti che lavorano nella Pubblica Amministrazione e per la Pubblica Amministrazione.
L'articolo 3 dello Statuto riporta come l'Associazione "opera per la crescita culturale e sociale e l'aggiornamento di quest'attività e di coloro che la esercitano, nella consapevolezza che nelle funzioni di informazione, ascolto e coinvolgimento dei cittadini alla vita pubblica, la comunicazione pubblica ed istituzionale è strumento essenziale per rafforzare il sistema democratico, migliorando la accessibilità ai servizi pubblici anche in conformità agli indirizzi dell'Unione Europea. L'Associazione considera obiettivo prioritario il riconoscimento e la valorizzazione in ogni forma e sede delle attività rappresentate".
Si tratta di un patrimonio da difendere per la tenuta del tessuto democratico, soprattutto in un momento in cui è fondamentale assottigliare le distanze tra cittadini e Istituzioni e rinsaldare il legame fiduciario all'interno del sistema Paese. Per questa ragione "Comunicazione Pubblica" aveva già proposto all'inizio dell'anno al Ministero della Pubblica Amministrazione la realizzazione di un censimento scientifico dei comunicatori pubblici e delle articolazioni dei rapporti di lavoro, così da poter individuare con certezza e logica di pianificazione degli investimenti pubblici il mancato rispetto dell'applicazione della Legge 150 del 2000, anche in vista dell'imponente turn over nella P.A. previsto nei prossimi anni.
Tra le numerose insidie che destano preoccupazione nei comunicatori pubblici si inseguono anche voci relative al dirottamento dei contributi previdenziali dall'Inps verso l'Istituto Nazionale di Previdenza dei Giornalisti Italiani-Inpgi, gravato da un disavanzo di 253 milioni di Euro. Si tratta di una prospettiva impraticabile per i dipendenti della Pubblica Amministrazione, oltre che – come sottolineato anche dalla rete dei comunicatori del mondo privato a cui "Comunicazione Pubblica" guarda con grande favore – inapplicabile, trattandosi di due professioni, quella del comunicatore pubblico e quella del giornalista, contigue e complementari ma profondamente distinte in fatto e in diritto.