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Associazione Comunicazione Pubblica
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Comunicazione Pubblica

Archivio newsletter - Associazione Italiana per la Comunicazione Pubblica e Istituzionale

Gli ultimi fuochi elettorali si stanno spegnendo in un groviglio di escort, intercettazioni, denunce e arresti.
Lo scenario è più simile a quello di una Repubblica sudamericana che di un grande Paese europeo.

Per quanto ci riguarda dobbiamo prendere atto della scomparsa da molti (troppi) programmi elettorali della parola comunicazione pubblica, della sua funzione, delle sue professioni.
Come sembrano lontani  gli anni novanta e le loro speranze. Sappiamo bene di non essere particolarmente graditi ad una certa politica che ci considera figli di un Dio minore e fautori di una comunicazione non urlata ma tesa a spiegare e a far capire.

Proprio sulla scelta d una comunicazione che servisse davvero alle Istituzioni e alla gente, si è consumato, nel recente passato, uno strappo tra chi riteneva che il veliero della comunicazione pubblica dovesse porsi al centro del cambiamento e chi praticava l'antica arte del cabotaggio tra una ricerca e una consulenza. La nascita delle facoltà di Scienze della comunicazione ha reso più evidente la posta in gioco per la comunicazione e per i comunicatori pubblici mostrando tutti i limiti di una disciplina praticata da troppi affabulatori e da pochi professionisti.

Chi segue il nostro ormai ventennale impegno sa bene che la nostra Associazione non si è mai scostata dall'idea di una comunicazione che favorisse l'incontro riavvicinato tra Amministrazione e cittadini, tra regole e realtà, tra autoritarismo e autorevolezza.
Grazie a questa linea che non abbiamo mai piegato  a interessi o particolarismi e per la quale abbiamo pagato anche in termini personali, oggi possiamo assicurare ai comunicatori e confermare ai candidati alle elezioni regionali che dopo il 29 marzo porteremo i nostri problemi in quelle sedi.

Spiegheremo le nostre buone ragioni, esigeremo per tutti i nostri colleghi attivi nelle istituzioni quel riconoscimento professionale già previsto dalla Legge 150 e chiederemo reali possibilità di lavoro per i giovani laureati in Scienze della comunicazione.
Un simile programma dovrebbe trovare orecchie attente in Istituzioni che possono legiferare e che si preparano a quel federalismo sinora più raccontato che praticato.

Sappiamo che gli innovatori nella pubblica amministrazione, e i comunicatori pubblici lo sono, rappresentano una realtà indispensabile ma che però sono condannati ad essere soli.
Noi, addirittura, non ci sentiamo neppure soli perché attorno a noi si consolida e cresce l'interesse e l'attenzione di tanti. Al punto che qualcuno che evidentemente non teme il ridicolo ha recentemente messo in discussione il numero esatto di nostri soci.

Non sappiamo quale legge, regolamento o circolare definisca la natura democratica e la serietà dei programmi di una qualsiasi Associazione. Questo è uno dei tanti esercizi che lasciamo ai veri lobbysti.
Sappiamo però che difendere gli studi, la possibilità e il lavoro di tanti colleghi è un momento decisivo per operare quel cambiamento nella pubblica amministrazione troppo spesso affidato a parole vuote di contenuti o a mode passeggere.
Noi, pur non essendo un sindacato, continueremo a muoverci con questa coerenza certi che anche McLuhan sarebbe stato al nostro fianco.