Nella seconda parte, "La società italiana al 2021", vengono affrontati i processi di maggiore interesse emersi nel corso 2020. Nella terza e quarta parte si presentano le analisi per settori: la formazione, il lavoro, il welfare e la sanità, il territorio e le reti, i soggetti e i processi economici, i media e la comunicazione, la sicurezza e la cittadinanza.
Siamo di fronte a una società che potrà riprendersi più per progetto che per spontanea evoluzione, il nostro complessivo sistema istituzionale deve ripensare se stesso e presentare un razionale programma di sviluppo. La società italiana è mutata e ha attraversato crisi ed emergenze con il continuo intrecciarsi di realtà emerse e sommerse, quotidiane e di lungo periodo, particolari e generali. Senza una coscienza collettiva, senza un’unitarietà di approccio agli investimenti sociali, senza immaginare una politica di sviluppo, il Paese rimane prigioniero delle sue fragilità.
La ripresa dello sviluppo è la prima strutturale richiesta che la società esprime in termini di progetto unitario. Basti guardare l'enfasi posta in questi mesi sul superamento delle più favorevoli ipotesi di crescita del Prodotto interno lordo, la sopravalutazione del ciclo breve di rimbalzo dei consumi interni, la fiducia posta nella capacità dei soggetti e dei fondi pubblici di annientare gli effetti della crisi. Alla parola "crisi" preferiamo la parola "transizione", proprio a significare che il momento più grave è oramai alle spalle. Intorno a ciascun progetto di transizione (energetica, digitale, demografica, verde, occupazionale) si affermano tanti sprazzi di vitalità, tanta voglia di partecipazione, tante energie positive.
La questione di fondo che emerge dalla richiamata urgenza, e domanda sociale, di uno sviluppo più per progetto che per continuato adattamento è quanta consapevolezza ci sia del percorso da compiere, dei sacrifici da sopportare, delle difficoltà da superare. Nelle drammatiche vicende della pandemia ha prevalso la funzione rassicurante della promessa di rapide soluzioni.
Pochi passi in avanti sembrano essere fatti inerenti alla progettazione di schemi e regole di funzionamento delle Istituzioni, nel sopportare trasformazioni strutturali in grado di colmare distanze di qualità.
La divaricazione tra politico e sociale è un processo di lunga durata. Parlare con parole nuove e affrontare con serietà i problemi e le fragilità del nostro tessuto sociale è, forse, quel che serve nella dialettica socio-politica. Nell'orizzonte della ripresa si nota un'inquietudine politica, timida e incerta, quanto vitale. Ben vengano paura e incertezza del futuro se aiuteranno nuovi modi di pensare e costruire società e istituzioni, di riconnettere tra loro tecnica e politica, vita sociale e attività statale. Solo che il sistema politico non si annidi in un acquietamento di pensiero, maschera di ogni poco curata transizione.