La nostra assemblea nazionale avviene a poco più di un anno da quella del 14 marzo 2008, che segnò l'inizio dell'attuale mandato 2008-2011.
L'anno trascorso è stato caratterizzato dal più violento attacco, anche personale, al gruppo dirigente e all'intera Associazione o, per meglio dire, alla sua strategia.
Abbiamo saputo resistere ed essere uniti in tempi non facili per l'unità e, con il nostro atteggiamento, abbiamo dimostrato le nostre buone ragioni a chi cercava di dividerci e di spezzare il sistema di alleanze e di consenso che stiamo costruendo con fatica e con lealtà verso tutti i nostri interlocutori.
I fatti, anche in questi giorni, ci stanno dando ragione e pensiamo che molto di più ce ne daranno nei prossimi mesi.
Rimane solo un cruccio: quello che qualche amico o collega non abbia compreso, fino in fondo, la posta in gioco.
In gioco c'era - e in parte ancora c'è - la nostra autonomia e la nostra credibilità.
Vale a dire le fondamenta stesse della nostra Associazione.
Lo ripetiamo ancora una volta: noi non possiamo essere un sindacato, non vogliamo trasformarci in una sorta di lobby ma abbiamo fatto della credibilità e dell'autonomia le caratteristiche che, giorno dopo giorno, ci hanno reso autorevoli e competenti.
Se avessimo scelto una strada diversa, se dovessimo cedere a mode effimere, se, in una parola, dovessimo diventare un'altra cosa non serviremmo né a noi né agli altri.
Anche per questo abbiamo sempre tenuto a distanza di sicurezza la nostra Associazione non dalla politica ma dal gioco delle appartenenze.
Ovviamente so benissimo che ciascuno di noi ha proprie idee, propri percorsi culturali e politici ma so altrettanto bene che esistono altri sedi deputate a tutto questo.
Le Associazioni si chiamano così perché perseguono altre strategie, altri fini, perché debbono indicare obiettivi più importanti e più alti di quelli di una campagna elettorale o di un anticamera ministeriale.
La nostra politica, ce lo ricordava anche il presidente Mombelli, deve essere quella delle alleanze, nella chiarezza e nel reciproco rispetto, con tutti coloro che volevano fare un pezzo di strada assieme ai comunicatori pubblici.
Lo è stata con i ministri, voglio ricordare il grande lavoro fatto con Franco Frattini; con la Federazione della Stampa per l'approvazione della Legge 150; con i sindacati del pubblico impiego e con l'Aran nella presente fase di attuazione di questa legge; con la Ferpi quando abbiamo assunto posizioni comuni sui tagli alle spese in comunicazione nei bilanci pubblici 2007.
Con gli amministratori e i dirigenti di Regioni, Comuni, Provincie e Asl, con le Università che si sono rivelate fondamentali nel definire profili e competenze del nostro lavoro, con il Colap sulla questione delle nuove professioni.
Questa grande rete costruita in quasi 14 anni con tenacia e perseveranza sta oggi alla base del progetto con il quale intendiamo caratterizzare questo mandato.
Si tratta di realizzare la comunità professionale dei comunicatori pubblici che muova dall'attuazione della Legge 150 e dai riconoscimenti dei profili professionali.
Costruire una comunità professionale non vuole solo dire essere capaci di alimentare ed estendere una simile rete, ma vuole innanzitutto dire che bisogna sentirsi e comportarsi come dei professionisti.
Significa, come abbiamo fatto, saper opporsi alla moda di banalizzare la comunicazione pubblica colpendo le relative facoltà universitarie. Significa denunciare concorsi che palesemente violano le norme in vigore, significa non avere preconcetti sulle idee e i progetti degli altri ma di essere in grado di esprimere opinioni e pareri coerenti con le nostre strategie.
Per noi la Pubblica Amministrazione sono le Istituzioni e i cittadini. Insieme impegnati a realizzare un sistema pubblico capace davvero di essere all'altezza delle sfide del nostro tempo.
Dal discorso di Alessandro Rovinetti, tenuto lunedì 25 maggio 2009 all' assemblea nazionale di "Comunicazione Pubblica"
25 maggio 2009
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