Quando un trattamento può comportare un rischio elevato per i diritti e le libertà delle persone interessate (a causa del monitoraggio sistematico dei loro comportamenti, o per il gran numero dei soggetti interessati di cui sono magari trattati dati sensibili, o anche per una combinazione di questi e altri fattori), il regolamento 2016/679 obbliga i titolari a svolgere una valutazione di impatto prima di darvi inizio, consultando l'Autorità di controllo in caso le misure tecniche e organizzative da loro stessi individuate per mitigare l'impatto del trattamento non siano ritenute sufficienti - cioè, quando il rischio residuale per i diritti e le libertà degli interessati resti elevato.
Si tratta di uno degli elementi di maggiore rilevanza nel nuovo quadro normativo, perché esprime chiaramente la responsabilizzazione (accountability) dei titolari nei confronti dei trattamenti da questi effettuati. I titolari sono infatti tenuti non soltanto a garantire l'osservanza delle disposizioni del regolamento, ma anche a dimostrare adeguatamente in che modo garantiscono tale osservanza; la valutazione di impatto ne è un esempio.
Le linee-guida del WP29 offrono alcuni chiarimenti sul punto; in particolare, precisano quando una valutazione di impatto sia obbligatoria (oltre ai casi espressamente indicati), chi debba condurla (il titolare e, se designato, dal responsabile della protezione dei dati), in cosa essa consista e la necessità di interpretarla come un processo soggetto a revisione continua piuttosto che come un adempimento una tantum.
Le linee-guida chiariscono, peraltro, anche quando una valutazione di impatto non sia richiesta: ciò vale, in particolare, per i trattamenti in corso che siano già stati autorizzati dalle autorità competenti e non presentino modifiche significative prima del 25 maggio 2018, data di piena applicazione del regolamento.
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Linee-guida valutazione di impatto sulla protezione dei dati