1) e-partecipation e partecipazione "tradizionale" sono processi diversi.
La partecipazione ‘tradizionale' non differisce in nessun modo da quella on line. La seconda è parte integrante della prima, con l'aggiunta delle ICT a supporto del processo decisionale. Le tecnologie, tuttavia, non svolgono un ruolo secondario, poiché hanno portato la partecipazione stessa a cambiare ‘forma' negli ultimi anni e a diventare a tutti gli effetti parte integrante della comunicazione tra cittadini e P.A., sfidando, e alla fine capovolgendo, il rapporto top-down che da sempre ha caratterizzato la relazione con le Istituzioni.
2) È sufficiente mettere on line uno strumento di discussione di iniziative di interesse pubblico e, automaticamente, si avrà e-participation.
Per anni la P.A. ha tentato di aprire, sui propri siti web, o comunque su spazi a gestione diretta, forum di discussione con la cittadinanza. La maggior parte di queste iniziative non sono riuscite: i cittadini non utilizzano questi spazi, ma tendono a discutere nei luoghi che sono loro più familiari, tipicamente i social network.
Una P.A. che è in grado di intercettare il disagio e seguirlo ove esso si manifesta, è una P.A. sulla questione pubblica presente e vigile, si rafforza attraverso l'ascolto attivo e cresce con la valorizzazione delle competenze che vengono dalla cittadinanza. Questo non significa che la P.A. non debba progettare e proporre propri spazi di interazione; questi ultimi, tuttavia, devono riguardare aspetti che toccano direttamente i cittadini, devono dare evidenza di un impegno chiaro, politico, di tenere in conto le istanze ricevute dalla cittadinanza e, comunque, la loro promozione e diffusione dovrà almeno inizialmente avvenire sui luoghi frequentati dai cittadini: i social network.
3) La partecipazione riguarda solo i processi decisionali delle P.A.
Con il dilagare delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione, la partecipazione è, potenzialmente, ovunque, non solo limitata ai processi decisionali della P.A.. Anche le sfere dell'informazione e dei servizi al cittadino sono oggetto di discussione e possono costituire momenti di incontro e partecipazione. Il rapporto di fiducia tra cittadino e Istituzione non si costruisce solo con l'(e-)participation, ma in ogni momento in cui essi vengono in contatto.
La partecipazione non è un processo lineare e difficilmente può essere forzato o indotto. Essa si attiva spontaneamente quando gli interessi dei cittadini sono direttamente toccati e messi in campo. È importante che la P.A. impari ad ascoltare e a cogliere questi momenti di ‘attivazione spontanea' – e, al contempo, abbandoni la pratica di avviare percorsi di partecipazione ‘forzati' su argomenti che non interessano i cittadini con l'implicito e non infrequente obiettivo di assolvere un dovere meramente politico. Più la P.A. saprà guadagnarsi la fiducia del cittadino anche nei momenti di ‘non partecipazione', ovvero nella gestione della comunicazione e dei servizi quotidiani, più aumenterà le probabilità di ottenere una risposta pro-attiva quando chiederà al cittadino di partecipare.
5) La comunicazione on line ha le stesse regole di quella off line.
Le due tipologie di comunicazione sono completamente diverse, e richiedono diversi skill. Non è detto che coloro che, fino a ieri, si sono occupati di comunicazione con i mezzi tradizionali (cartacei) siano oggi in grado di gestire una comunicazione on line con il cittadino che sia efficace. La comunicazione on line ha infatti le sue regole e tempi di interazione e risposta che devono essere rispettati se non si vuole rischiare di perdere la fiducia del cittadino nell'Istituzione. Un cittadino che pone una domanda alla P.A. su un social network si aspetta una risposta veloce, precisa, semplice e comprensibile, non in ‘burocratese'.
La comunicazione con i cittadini è tutto – è, come già detto, la prima e indispensabile base per la costruzione di un rapporto di fiducia con l'Istituzione. La comunicazione deve essere realizzata da professionali che hanno anche dimestichezza con le ICT e i meccanismi di interazione. La comunicazione deve essere multicanale (sia off line che on line) e trasversale a tutti gli ambiti di competenza della P.A..
6) La e-partecipation è di competenza dell'Ufficio Partecipazione o dell'URP.
Nell'era digitale, ogni funzionario è potenzialmente chiamato a rispondere a istanze di partecipazione, proprio perché la partecipazione stessa, come già detto, non riguarda soltanto i processi decisionali, ma trasversalmente ogni ambito di intervento dell'Ente. Per questa ragione, l'Ufficio Partecipazione (oppure l'URP) saranno solo dei gateway il cui compito è di gestire e smistare le richieste di informazioni, la cui competenza andrà ove necessario a ricadere sull'ufficio pertinente.
7) Facciamo partecipazione ma nessuno partecipa.
È necessario entrare nell'ottica che un progetto di partecipazione è una ‘beta perenne'. I fallimenti sono importanti tanto quanto i successi per potere procedere nel percorso – diventando abbastanza flessibili da cambiarlo in itinere, se i risultati non dovessero essere soddisfacenti. Ottenere dalla cittadinanza, alla fine di un percorso di ascolto o di partecipazione, anche una sola competenza utile è un risultato qualitativamente molto più rilevante che vantare numeri alti in termini di interventi in un forum di discussione et similia.
È possibile che una richiesta isolata sia ‘rumore'. Tuttavia, quando si ricevono più istanze che riguardano lo stesso argomento, ignorarne la serietà e l'importanza espone la P.A. al rischio di autoorganizzazione dei cittadini e, alla perdita della fiducia.
Trattto da "Agenda Digitale.eu", di Luca De Pietro, docente di E-goverment e E-democracy, Università di Padova e Miriam Tedeschi, Università IUAV di Venezia
 
                                 
        
         
                                         
                                         
                                         
                                         
                                        