Dal "50° Rapporto Censis" sulla situazione sociale del Paese 2016 - presentato dal presidente Giuseppe De Rita come sempre con una analisi acuta degli avvenimenti e degli eventi nazionali-, in questo numero di "Comunicatori&Comunicazione" pubblichiamo alcuni spunti dalle "considerazioni generali" mentre, nelle prossime newsletter saranno pubblicati gli argomenti portanti, di interesse per una visione dei fenomeni economici, sociali, professionali.
Nel "silenzioso andare del tempo", sono tre i processi principali della società italiana. In primo luogo, la società continua a funzionare nel quotidiano. Non come scettica passività dell'abitudine, ma come primato dell'impegno quotidiano dei soggetti economici e sociali. Le imprese continuano a operare nelle dinamiche di filiera; le famiglie continuano a coltivare i loro risparmi e i loro patrimoni; il sistema di welfare continua la sua lucida e spesso dura quadratura in modo da non perdere il suo ruolo cardine nella soddisfazione dei bisogni sociali; il territorio continua a essere un fondamentale fattore dello sviluppo; gli incrementali arrivi turistici continuano a confermare una prosperante attrattività del nostro Paese; e anche il Mezzogiorno non ha mostrato cedimenti da sommare a cedimenti del passato. In secondo luogo, la società rumina e metabolizza gli imput esterni, volta per volta rimuovendoli o assimilandoli.
Vale per flusso crescente di migranti e la loro faticosa integrazione; per il processo di digitalizzazione (che mette in crisi l'intermediazione burocratica del ceto impiegatizio che su tale prassi aveva costruito potere e identità), per la faticosa affermazione legislativa e giurisprudenziale dei diritti individuali. In terzo luogo, la società cicatrizzata le ferite più profonde: la Brexit, che appare come una crisi radicale sulla strada di una compatta identità europea, con il rischio per noi di perdere un riferimento essenziale (non solo linguistico) per sviluppare una cultura poliglotta; la dura ferita degli eventi sismici degli ultimi mesi, con il rischio di una contrazione dell'economia delle aree interne e la perdita di attrattività dei borghi e dei centri minori; la pericolosa faglia che si va instaurando tra mondo del potere politico e corpo sociale, che vanno ognuno per proprio conto, con reciproci processi di rancorosa delegittimazione.
Intanto siamo entrati in una "seconda era del sommerso": non più sommerso pre-industriale, come quello del Censis scopr nei primi anni '70 e che nel ventennio successivo fece da battistrada all'imprenditoria molecolare e all'industrializzazione di massa, ma un sommerso post-terziario. Non un "sommerso di lavoro" (nelle brulicanti opportunità di quel periodo) e un "sommerso di impresa" (nella diffusione propensione al lavoro indipendente e all'avventura aziendale di quegli anni), ma un "sommerso dei redditi", che prolifera nella gestione del risparmio cash ("per non andare in banca"), nelle strategie di valorizzazione del patrimonio immobiliare (casolari rurali, appartamenti urbani, attici panoramici trasformati in casi per vacanza, bed and breakfast o location per eventi), nel settore dei servizi alla persona (dalle badanti alle babysitter, alle lezioni private), nei servizi di "mobilità condivisa" e di recapito, e altro ancora. E proliferano così figure lavorative labili e provvisorie, soprattutto tra i giovani che vivono nella frontiera paludosa tra formazione e lavoro. L'attuale sommerso è più statico, rispetto quello pre-industriale, che evolutivo, senza un sistemico orientamento di sviluppo. E' un magma di soggetti, interessi e comportamenti, una "macchina molecolare", una esplosione di molteplicità monadiche. Il corpo sociale finisce così per assicurarsi la sua primordiale funzione, quella di "reggersi", anche senza disporre di strutture portanti politiche o istituzionali.
Il corpo sociale si sente rancorosamente vittima di un sistema di casta. Il mondo politico si arrocca sulla necessità di un rilancio dell'etica della moralità pubblica (passando dal contrasto alla corruzione dei pubblici uffici all'imposizione di valori di onestà e trasparenza delle decisioni). Le Istituzioni (per crisi della propria consistenza, anche valoriale) non riescono più a "fare cerniera" tra dinamica politica e dinamica sociale, di conseguenza vanno verso un progressivo rinserimento. Dalle tre componenti di una società moderna (corpo sociale, Istituzioni, potere politico) sono proprio le Istituzioni a essere oggi più profondamente in crisi. Per tutta la nostra storia (nel periodo risorgimentale, nella fase pre-fascista, nel ventennio fascista, nell'immediato dopoguerra) è stata la potenza e l'alta qualità delle Istituzioni a fare la sostanza unitaria del Paese. Ma oggi esse inermi (perché vuote o occupate da altri poteri), incapaci di svolgere il loro ruolo di cerniera. Si afferma così un indedito parallelo "rintanamento chez soi": il mondo politico e il corpo sociale coltivano ambizioni solo rimirandosi in se stessi. La politica riafferma orgogliosamente il suo primato progettuale e decisionale, mentre il corpo sociale rafforza la sua orgogliosa autonomia nel "reggersi". Sono destinati così a una congiunta alimentazione del populismo. E' tempo per il mondo politico e il corpo sociale di dare con coraggio un nuovo ruolo alle troppo modificate Istituzioni.
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Censis: in crisi la funzione delle Istituzioni come cerniera tra mondo politico e corpo sociale
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