La mancanza di competenze digitali, lo scarso utilizzo di Internet in maniera costante e cosciente, non possono far altro che porsi quali segnali di una conseguenza di difficoltà nel rapporto digitale con le P.A.
Albert Einsten diceva "Non possiamo pretendere che le cose cambino se continuiamo a fare le stesse cose". Questo è il principio cardine che è bene faccia da guida nel compimento del necessario e fisiologico cambiamento di mentalità che deve investire tutti noi, soggetti interessati dal processo di digitalizzazione. Una sfida
nel quotidiano che è fondamentale sia accolta con un buon grado apertura, con veduta di orizzonti larghi. Negli ultimi tempi in rete è sempre più frequente il dibattito che pone al centro della discussione la Pubblica Amministrazione ed il suo processo di innovazione tecnologica che coinvolge direttamente i cittadini: il percorso dell'Agenda Digitale, la Pec, i pagamenti per via telematica e così via. Ma qual è il punto di partenza per gli italiani? E come vivono la conversione al digitale?
Prima di porre in essere i dati della nostra riflessione è importante fornire in fase antecedente
dei parametri sui quali ragionare. I termini proposti dall'UE sul tema del digitale a partire dal 2010 per definire un'area sviluppata digitalmente si riassumevano secondo tre linee direttrici: connettività estesa a gran parte dei territori europei (banda larga), commercio elettronico e utilizzo del web da parte di tutti i cittadini (considerando che il 15% non l'ha mai usato). Da questa linea di partenza pare interessante tracciare un confronto sull'andamento del digitale fra Europa ed Italia ponendo soprattutto l'accento, in questo frangente, sui mezzi in possesso che l'utente privato
ha a disposizione quando si parla di digitale in termini sia strumentali che di competenze.
Alcuni dati rilevati nel 2013 mostrano che nel nostro Paese più del 50% della popolazione ha utilizzato almeno una volta la rete ma che questo non basta per collocarci sopra la media Europea che registra invece una residua percentuale di estraneità all'utilizzo di Internet. Interessante allora allargare il confronto sui numeri dell'utilizzo di Internet dei Paesi Ocse pubblicati sul "Corriere della Comunicazione" lo scorso 15 luglio dopo un bienno.
Il Rapporto Ocse Digital
Economy Outlook 2015 fa registrare un ancor più dismogeneo uso di Internet da parte della popolazione che però notifica significative differenze in base all'età e all'istruzione. L'82% della popolazione adulta nei Paesi Ocse utilizza Internet, il 95% se ci limitiamo alla fascia d'età dei 24enni. Meno del 49% di quanti hanno un'età superiore ai 55 anni usa Internet, con sensibili differenze rispetto al livello di istruzione soprattutto tra gli individui d'età compresa tra i 65-74 anni. Gli individui con istruzione universitaria conducono più attività su Internet (58% più ampia).
Numeri che condannano l'Italia ancora ai piani bassi delle classifiche europee senza alcun tipo di incoraggiamento non solo sul fronte dell'utilizzo di Internet ma anche sotto il profilo delle competenze digitali che continuano ad essere carenti, insufficienti, tutt'al più mediocri. [...]
La mancanza di competenze digitali, lo scarso utilizzo di Internet in maniera costante e cosciente, non possono far altro che porsi quali segnali pre allarmanti i quali annunciano una prevedibile conseguenza di difficoltà nel rapporto digitale con le P.A..
Il nostro Paese,
ed ancora una volta lo dimostrano le statistiche, versa in una condizione di opprimente criticità digitale che già nel 2013 collocava ad un triste 20% l'interazione fra le Amministrazioni Pubbliche e i privati cittadini. Dati questi che ci devono portare a riconsiderare la formazione, il tipo di competenze che è necessario vengano incentivate all'implementazione affinchè ai cittadini venga fornita la possibilità di avere strumenti da utilizzare quando si trovano ad operare sul capo del digitale.
Allo status quo dei fatti si aggiunge la lentezza di un sistema pachidermico
che stenta a trovare una chiave d'accelerazione e che pertanto non incentiva il cittadino a riporre fiducia nel digitale all'interno delle P.A.. [...]
Ad un quadro percettivo poco roseo del cittadino medio si è aggiunta infine l'appendice rappresentata da quanti - più di un quarto del totale - mostravano resistenze, perplessità o aperta avversione alla trasformazione dei servizi tradizionali in servizi digitalizzati e telematici. Di più. Accanto a questi ancor più numerosi sono quelli che temono che la digitalizzazione dei servizi provochi una spersonalizzazione del rapporto
tra cittadino e burocrazia, e con questo il venir meno di quel filtro "umano" capace comunque di aiutare l'utente a districarsi in modo corretto tra le varie pratiche amministrative. [...] Alla luce di ciò urge invertire il senso di marcia e replicare a questo sentimento con una politica che incentivi a riportare fiducia nel progresso di una tecnologia digitale che aiuti il cittadino ed abbatta le barriere della troppa burocrazia e dell'inefficienza.
tratto da: www.agendadigitale.eu
di Valentina Bernardinis, Nicola Strizzolo, Università di Udine