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Archivio newsletter - Associazione Italiana per la Comunicazione Pubblica e Istituzionale


L’obiettivo di integrare l’ambiente nelle politiche pubbliche rientra nella strategie e nella legislazione ambientale a livello internazionale con la Convenzione di Aarhus (Danimarca, 25 giugno 1998) e a livello europeo con la direttiva 4/03 e 35/03, così come nel contesto nazionale.

In Italia, infatti, a partire dagli anni novanta, si è assistito ad una crescente sensibilizzazione nei confronti del diritto dei cittadini all’informazione ambientale e ad un graduale aumento della disponibilità di queste informazioni.
La comunicazione di area pubblica, al contrario della comunicazione di prodotto o della stessa comunicazione ambientale promossa dalle aziende, non fa ricorso a studi e ricerche approfonditi.
La comprensione dell’ambiente e dello sviluppo sostenibile, vanno promossi grazie all’educazione ambientale e va incoraggiata la diffusione di un’informazione volta all’opinione pubblica.

Scriveva Andrea Segré¹: “ (…) qualche tempo fa, in Grecia per un convegno sulla sostenibilità (…) andai a visitare il tempio di Apollo e  Delfi. Come tutti i turisti cercavo il celebre motto <Conosci te stesso>; rimasi invece colpito da un altro motto, che non conoscevo, scolpito proprio lì accanto <Nulla di troppo>, motto che racchiude il nucleo della cultura classica, tutta basata sulla misura e quindi sulla condanna della violazione dei limiti. La tentazione contraria, l’arroganza, la sregolatezza, lo spreco, nella cultura classica sono considerati invece i maggiori pericoli per l’uomo che, cedendo al loro fascino, cade nell’accecamento e nella propria rovina e compie azioni autodistruttive”(…).

Nel motto di Delfi "Nulla di troppo", altro non c’è che un invito a vivere con stili di vita improntati al rispetto, alla sobrietà e dunque a porre un limite allo spreco, all’avidità e perfino a quel limite culturale che si è insinuato nel cuore ansioso di certi ceti medi grazie a una televisione che spesso cancella i valori profondi della socialità.
C’è disprezzo per chi la conoscenza la possiede e la produce, disprezzo per l’informazione corretta.
In poche parole, è consumo senza cultura o per usare una espressione cara a Immanuel Kant “immaturità colpevole” e comunque rifiuto del futuro.

La crisi economica e finanziaria che stiamo faticosamente vivendo, ci obbliga a considerare lo sviluppo senza regole e senza limiti che l’economia ha determinato e che la crisi economica induce a moderare almeno con l’aggettivo sostenibile: una crescita dunque rivolta a tenere in maggiore considerazione gli aspetti ambientali ed a promuovere l’energia pulita, affrontare i cambiamenti climatici, contenere le emissioni dei gas serra, ridurre la produzione dei rifiuti.
Ogni paese è teoricamente impegnato a fare la sua parte: quelli sviluppati prendendo iniziative concrete per ridurre le emissioni di anidride carbonica e più in generale per attuare politiche di tutela e di risparmio delle risorse naturali; quelli in via di sviluppo accettando vincoli di rispetto ambientale in particolare per la tutela dei polmoni verdi e per un uso del terreno tale da ridurre i processi di desertificazione.

A questo punto però è grazie a un interessante libro di Joan Martinez Alier² che è opportuno affrontare sia pure per brevi accenni il tema dell’ecologia “globale” intendendo con questo l’ecologia dei paesi ricchi e l’ecologia dei poveri.
Scrive Alier a proposito di ambientalismo e di ecologia: “A lungo la storia dell’ambientalismo ha coinciso con la storia di come le élites bianche dei paesi ricchi hanno scoperto la bellezza e la fragilità della natura e di come hanno cercato, peraltro senza importanti risultati, di proteggerla. Dietro a questa versione dell’ambientalismo è possibile intravedere un’idea della natura e delle sue relazioni con la società, l’aspirazione ad un ambiente sano e, perché no, bello… un lusso da benestanti fuori, però, dall’orizzonte e dai bisogni dei poveri”.

Il nostro modo dunque di comunicare ambiente, non parte solo e unicamente dal fatto che ora nuovi messaggi fanno sì che chi produce si colloca in prima persona , “mette” la propria faccia a garanzia della trasparenza del prodotto.
Non basta più porre l’accento sulla raccolta differenziata, siamo tutti ormai consapevoli che se a valle gli sforzi che noi poniamo a monte non vengono rispettati, tutto rimane vano.
Comunicare l’ambiente significa rendere fruibile un comportamento globale e condiviso sulla ricerca del possibile, sulla consapevolezza del non rinnovabile e sull’impegno dei paesi cosiddetti ricchi di investire seriamente sul rinnovabile.
All’ultima conferenza internazionale dell’ICAEE- International Conference on Advanced Electrical Engineering, tenutasi a Perugia, il mondo scientifico e industriale erano presenti.
Era evidente, da ogni intervento, come le soluzioni fossero sotto gli occhi di tutti, ma ben altri intenti ne bloccavano lo sviluppo.


Giovanna Arcaini



Note:
  1. Andrea Segré, Preside della Facoltà di Agraria dell’Università di Bologna e  ordinario di Politica Agraria  Internazionale e Comparata
  2. Joan Martinez Alier, “Ecologia dei poveri. La lotta per la giustizia ambientale”, Jaka Book, 2009.