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La decisione, nei giorni scorsi, che ha preso Unicredit di abbandonare l'intera galassia Facebook (quindi anche Instagram e Messenger) potrebbe aprire nuovi scenari, non solo nel settore privato. 
Se da una parte, il gruppo bancario ha scelto prima di cancellare tutti gli investimenti e ora di non essere presente sulle piattaforme di Zucherberg, dall'altra i problemi di etica, sia rispetto ai contenuti sia al trattamento dei dati, riguardano anche il mondo della PA. 
Uno dei dubbi nell'abbandonare o, come succede in molti casi nel settore pubblico, di non entrare nel social azzurro è quello di dover gestire una grande mole di interazioni e quindi di critiche spesso poco costruttive. Ma queste sono le regole della community e qualunque organizzazione complessa sa benissimo che il punto di partenza sono le policies, stabilire cioè delle regole chiare a monte con le quali si decide di costruire relazioni virtuali. 
Ci sono stati anche alcuni musei che, nonostante siano alla continua ricerca di pubblico, hanno privilegiato Instagram o YouTube. E Università che hanno preferito sviluppare la loro presenza su LinkedIN e Twitter piuttosto che affacciarsi come istituzione su Facebook. 
Vedremo come si muoveranno le grandi aziende e tutto il sistema della PA. Non c'è dubbio che interrogarsi sui contenuti che vengono diffusi su Facebook e non filtrati piuttosto che sulle modalità con le quali vengono trattati i dati è fondamentale se si vuole garantire serietà nelle relazioni.