Alcuni punti - da un articolo di Sabino Cassese (corriere.it del 31/08) sulla nuova configurazione della dirigenza pubblica, in attuazione della legge sulla riforma della P.A. (n. 124/2015). Il testo è all'esame del Parlamento, della Conferenza Stato-Regioni, del Consiglio di Stato per il loro parere.
"Lo schema di decreto legislativo appena approvato crea un sistema unico di dirigenza, con accesso omogeneo e unica banca dati, diviso in tre ruoli: statale, regionale e locale; unisce in una sola fascia i dirigenti in modo che tutti possano ricoprire qualunque incarico, anche apicale. I circa 33 mila dirigenti (sono esclusi quelli di scuola e sanità e quelli in regime di diritto pubblico) potranno essere chiamati a tutti i posti disponibili".
"In un sistema così configurato, gli snodi fondamentali sono tre: i modi di selezione all'ingresso; le procedure di attribuzione degli incarichi; la disciplina transitoria. Per accedere vi sarano due vie, il corso-concorso e il concorso. Il primo, da svolgere annualmente, comporta un anno di corso con esame finale e la successiva assunzione per tre anni come funzionario, salvo poi ottenere la qualifica dirigenziale. La seconda via, residuale rispetto alla prima, comporta concorso e assunzione a tempo determinato di quattro anni; in caso di valutazione positiva, si diviene dirigenti a tempo indeterminato. Per rafforzare selezione e formazione, la riforma prevede una profonda trasformazione della Scuola Nazionale dell'Amministrazione. Una volta divenuti dirigenti e iscritti a uno dei tre ruoli, si potrà avere un incarico dirigenziale a seguito di una procedura dove è fondamentale l'attività svolta da tre commissioni, una per ogni ruolo, composte dai più alti e rispettati funzionari statali (...)".
"Solo il 10 per cento di incarichi dirigenziali generali e l'8 per cento degli altri incarichi possono essere affidati all'"esterno", con procedure selettive e trasparenti, per la durata di tre o quattro anni".
"Nell'incarico si resta per quattro anni, salvo proroga per altri due anni. Successivamente, i dirigenti dovranno cercare altri incarichi. Se ne restano privi, decadono dopo due anni o, per chi ha avuto valutazione negativa e revoca dell'incarico, dopo un anno. Infine, in via transitoria, sono fatti salvi gli incarichi esistenti fino alla naturale scadenza e i trattamenti economici fondamentali attuali (mentre, a regime, si amplia il peso della parte di risultato sulla retribuzione complessiva). Agli attuali dirigenti statali di prima fascia, categoria a esaurimento, spetterà almeno il 30 per cento dei posti di livello generale, come la legge prevede oggi".
Nel concludere il suo articolo dice Sabino Cassese: "Questa nuova configurazione va nella direzione giusta. Essa stringe i meccanismi di selezione, perché richiede requisiti rigorosi e scelte competitive dei concorrenti. Rompe le paratie stagne tra le Amministrazioni, consentendo quello scambio di esperienze che finora è mancato. Prevede una progressiva omogeneizzazione del trattamento economico (...), compie un giro di vite sulla disciplina dei dirigenti privi di incarico (...), mette i vertici politici sotto controllo nelle loro scelte (...). Fa salvo l'accesso agli incarichi anche dall'esterno, ma lo limita. Stabilisce un equilibrio tra scelte politiche e valorizzazione dei corpi amministrativi.
                    
                 
        
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