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Comunicazione Pubblica

Archivio newsletter - Associazione Italiana per la Comunicazione Pubblica e Istituzionale

Uno degli elementi strategici della comunicazione pubblica è sicuramente il dialogo. La possibilità, quindi, di attivare una circolarità all'interno della quale il cittadino non è il soggetto che subisce, ma l'attore del processo. Però, alle parole occorre far seguire i fatti. Non fa così l'Inps.

Nei mesi scorsi "Comunicazione Pubblica" è stata invitata come ospite in un programma di Radio RAI per affrontare il tema delle giustificate lamentele dei consumatori, che evidenziavano l'impossibilità di individuare una persona, con tanto di nome e cognome, alla quale rivolgersi per rispondere ad esempio a comunicazione inviata da grandi aziende di servizi come Enel. Ora sembra che il colosso dell'energia sia riuscito a rimediare a questo "vuoto" nella relazione con i suoi clienti. L'Associazione si è occupata del tema anche seguendo un Progetto insieme a Regione Lombardia, con la quale abbiamo realizzato una serie di guide.

Ora il problema si ripropone con l'Inps. Ci è arrivata la segnalazione di un collega che ha provato a contattare il call center. Così abbiamo verificato la cosa di persona. La prima "barriera" è il menu telefonico automatico, molto complicato e difficilmente comprensibile dalla maggior parte delle persone  che si rivolgo all'Istituto di previdenza. Così succede molto spesso di riuscire, dopo molti minuti, a parlare con un'operatrice la quale risponde di non essere competente in materia e di richiamare. Se va bene, trasferisce la chiamata a una collega che dovrebbe darti la risposta attesa. E qui entra in gioco la procedura. Su quella standardizzata non prevede una soluzione al problema, l'unica possibilità per il consumatore è rivolgersi di persona a uno sportello Inps. Alla faccia dell'Agenda digitale e della semplificazione della P.A..

A questo, aggiungiamo la beffa della customer satisfaction. Ormai tutti gli operatori chiedono all'inizio della telefonata l'autorizzazione all'utilizzo dei dati personali, in virtù delle norme sulla privacy, e in molti propongono una valutazione al termine della conversazione con l'operatore (come dovrebbe essere nel caso di Inps) o successivamente, come fanno molte società telefoniche.
Diciamo "dovrebbe" perché anche noi abbiamo provato a verificare il servizio, ma al termine della telefonata con il call center Inps, la linea cade clamorosamente.
Ci chiediamo, quindi, quanto possono essere realmente efficaci i dati raccolti statisticamente per misurare la soddisfazione del cliente!

Forse, aggiungiamo, la P.A., e in questo caso l'Inps, considera troppo scontata la comunicazione, sulla quale manca evidentemente una formazione adeguata.
Claudio Trementozzi